[TRIB. BARI, 4-5 LUGLIO 2007] Nomina dell’amministratore di sostegno per persona affetta da morbo di Alzheimer

Quantunque una malattia sia tale da pregiudicare in maniera grave e progressiva la capacità naturale di un soggetto, è possibile per quest’ultimo fruire di una misura di protezione meno invasiva e maggiormente attenta alla sfera personale del beneficiario, quale è l’amministrazione di sostegno.
Con la pronuncia che si segnala (Trib. Bari, 4-5 luglio 2007) è stata concessa ad un malato affetto da una patologia cronica che inficia progressivamente e irrimediabilmente le facoltà mentali dello stesso, quale il morbo di Alzheimer, la possibilità di ottenere una misura di protezione che dà maggior rilievo alla dimensione “esistenziale” di quei soggetti di cui, a parità di condizioni psichiche, sarebbe possibile ottenere l’interdizione giudiziale ex artt. 414 e ss. c.c., misura questa certamente più attenta a tutelare gli interessi patrimoniali del soggetto beneficiario e non solo.
Il giudice tutelare di Bari, infatti, ha accolto il ricorso di un figlio che chiedeva di essere nominato amministratore di sostegno del proprio padre affetto da una grave forma di morbo di Alzheimer, affinché potesse riscuotere e amministrare proficuamente la pensione di lui e assisterlo per tutto il tempo che sarà necessario, salvaguardando, allo stesso tempo, la possibilità per il beneficiato di compiere tutti gli altri atti non espressamente preclusigli (art. 409 c.c.) e di vivere, di conseguenza, in maniera umanamente più dignitosa.
Un provvedimento del genere, dunque, si inserisce in quel filone interpretativo che, sfruttando la definizione – volutamente – vaga dei presupposti per la nomina di un A.D.S. (art. 404 c.c. – La persona che, per effetto di una infermità ovvero di una menomazione fisica o psichica, si trova nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi, può essere assistita da un amministratore di sostegno, nominato dal giudice tutelare del luogo in cui questa ha la residenza o il domicilio.), afferma il carattere residuale che i più antichi istituti dell’interdizione e dell’inabilitazione ormai avrebbero a seguito dell’entrata in vigore della legge n. 6 del 2004, che ha introdotto nel nostro ordinamento l’istituto di protezione in parola, e che ha contemporaneamente “ammorbidito” il carattere stigmatizzante dei due istituti già esistenti (vedi ad esempio il nuovo art. 427, comma 1, c.c.).
In altri termini, si sta facendo strada l’idea che, secondo lo spirito della nuova legge, l’eventuale concorso tra la misura dell’amministrazione di sostegno e, in particolare, quella dell’interdizione giudiziale – che, come è noto, comporta una incapacità negoziale generale – deve essere risolta preferibilmente a favore della prima ancorché l’infermità in oggetto abbia i caratteri della stabilità (vitium e non morbus dicevano i latini) in quanto questa comporta una minore limitazione alla capacità di agire dell’interessato, che si traduce in una maggiore valorizzazione dell’incapace in quanto “persona” e non come solamente centro di interessi patrimoniali. Tutto questo, però, solo se la nomina dell’amministratore di sostegno viene giudicata adeguata per la protezione concreta degli interessi minacciati dall’infermità della persona, perché, in caso contrario, la via dell’interdizione sembrerebbe essere l’unica percorribile, fatta salva, nei casi meno gravi, quella dell’inabilitazione. Va ricordato, però, che anche qualora la disciplina dell’amministrazione di sostegno sia giudicata inidonea nel caso concreto, il giudice, sempre nell’interesse della persona inferma, potrà colmare il “deficit cautelatorio” disponendo l’applicazione di talune norme previste per l’interdizione o l’inabilitazione (vedi art. 411, comma 3, c.c.): ciò dimostra il favore che il legislatore riserva all’istituto dell’amministrazione di sostegno.
Il testo del decreto in commento è disponibile su www.ordineavvocatitrani.it, con nota in calce dell’avv. Nicola Ulisse.

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  1. Ordinanza C. Cost., 17 luglio 2007, n. 292 (trova su http://www.cortecostituzionale.it): la Consulta riconosce la legittimità costituzionale dell’amministrazione di sostegno ribadendo rispetto ad essa il carattere residuale dell’interdizione giudiziale. Quest’ultima, infatti, si rivela il più consono all’obiettivo di protezione solo in presenza di soggetti assolutamente privi di qualsiasi capacità cognitiva, soprattutto con riguardo al compimento di atti di disposizione di beni.

  2. La giurisprudenza di merito si consolida a favore dell’applicabilità dell’A.D.S. anche al malato di una patologia cronica, come il morbo di Alzheimer.
    Viene precisato, meglio, che il discrimen tra l’amministrazione di sostegno e l’interdizione non è il quantum dell’incapacità dalla quale il soggetto beneficiando è affetto, bensì l’idoneità dell’una o dell’altra misura protettiva ad assicurare la tutela più adeguata per detto soggetto, in relazione alla sua flessibilità ed alla maggiore agilità della relativa procedura applicativa (Cass., 12 giugno 2006, n. 13854).

    Di seguito il testo del provvedimento.

    Trib. Bari, 3-5 settembre 2008, n. 630
    Letta l’istanza di nomina di amministratore di sostegno depositata in data 25.2.2008 da (omissis) in favore del padre (omissis);
    visti gli esiti dell’esame del beneficiario;
    sentiti il ricorrente nonché i prossimi congiunti;
    viste le conclusioni del P.M.;
    considerato che l’amministrando è affetto da una grave forma di morbo di Alzheimer e, nel corso dell’esame, non è stato in grado di rispondere ad alcuna domanda;
    rilevato che la Corte di cassazione, sez. I, 12 giugno 2006, n. 13854, ha affermato che “L’amministrazione di sostegno – introdotta nell’ordinamento dall’art. 3 l. 9 gennaio 2004 n. 6 – ha la finalità di offrire a chi si trovi nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi uno strumento di assistenza che ne sacrifichi nella minor misura possibile la capacità di agire, distinguendosi, con tale specifica funzione, dagli altri istituti a tutela degli incapaci, quali l’interdizione e l’inabilitazione, non soppressi, ma solo modificati dalla stessa legge attraverso la novellazione degli art. 414 e 427 c.c.. Rispetto ai predetti istituti, l’ambito di applicazione dell’amministrazione di sostegno va individuato con riguardo non già al diverso, e meno intenso, grado di infermità o di impossibilità di attendere ai propri interessi del soggetto carente di autonomia, ma piuttosto alla maggiore idoneità di tale strumento ad adeguarsi alle esigenze di detto soggetto, in relazione alla sua flessibilità ed alla maggiore agilità della relativa procedura applicativa. Appartiene all’apprezzamento del giudice di merito la valutazione della conformità di tale misura alle suindicate esigenze, tenuto conto della complessiva condizione psico-fisica del soggetto da assistere e di tutte le circostanze caratterizzanti la fattispecie”;
    ritenuto pertanto che nella specie sussistono i presupposti di cui all’art. 404 c.c. in quanto le evidenziate esigenze di protezione (limitate al perfezionamento della pratica di pensione-accompagnamento ed agli atti di ordinaria amministrazione) possono essere adeguatamente cautelate con l’A.S., opportunamente calibrata, senza ricorrere all’interdizione;
    osservato che per la nomina ha offerto la sua disponibilità la stessa figlia ricorrente;
    rilevato che ella appare idonea a ricoprire l’ufficio, in quanto gradita al beneficiario;
    Nomina
    (omissis)

  3. “Fuori dal coro” della giurisprudenza assolutamente dominante (se non unanime), il provvedimento del Trib. Varese, decr. 17 novembre 2009, in Nuova giur. civ. comm., 7-8, I, 2010, 687 ss., ha invece stabilito che l’amministrazione di sostegno “non è applicabile a beneficio di un soggetto in stato vegetativo permanente, poiché, tale misura, presuppone quantomeno una condizione di vigilanza ed il collocamento del soggetto all’interno di un contesto minimum di vita quotidiana“.

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