Il controllo giudiziario ex art. 2409 c.c. per le s.p.a. è estendibile anche alle s.r.l.?

L’applicazione dell’istituto del controllo giudiziario è circoscritto alle sole società per azioni e alle società in accomandita per azioni, escludendo quindi dall’applicabilità del procedimento giudiziario le società a responsabilità limitata.

In due sottotipologie societarie tuttavia riscontrano delle anomalie. La disciplina stabilita per le cooperative s.r.l. e le società sportive professionistiche s.r.l. è connotata da deroghe che si distaccano sensibilmente dall’ordinario binario previsto dal codice. Tali modelli, che si caratterizzano in ragione della finalità e della natura dell’attività imprenditoriale esercitata, sono soggetti la prima alla vigilanza amministrativa (ai sensi dell’art. 2545 – sexiesdecies c.c.), la seconda alla nomina obbligatoria del collegio sindacale (secondo l’art. 10, comma 1, legge n. 91/1981), e per l’alienabilità del controllo giudiziario all’art. 2409 c.c. (art. 13, legge n. 91/1981, modificato dall’art. 8, comma 1, del d.lgs. n. 37/2004).

Tale disciplina scomposta ha comportato numerosi dubbi in merito all’ammissibilità ovvero dell’applicabilità del procedimento previsto dall’art. 2409 c.c., sia in assenza che in presenza obbligatoria dell’organo di controllo, fino a richiedere l’intervento della Corte Costituzionale, la quale tuttavia non ha risolto le problematiche poste contribuendo ad aumentare il livello di analisi delle tesi contrapposte.

In merito infatti si imputava al legislatore della riforma di non avere attribuito anche ai soci della società a responsabilità limitata la possibilità di ricorrere al Tribunale, in presenza di gravi irregolarità nella gestione della società, in spregio agli artt. 3 e 76 Cost.. Si riteneva infatti che l’art. 2049 c.c. avesse violato la legge delega nella parte in cui si doveva prevedere la denunzia al tribunale da parte dei sindaci di gravi irregolarità nell’adempimento dei doveri degli amministratori.

Il Giudice delle leggi nella sentenza n. 481/2005 ha respinto le questioni di legittimità costituzionale sollevate precisando la sussistenza di una dicotomia netta tra la società a responsabilità limitata e la società per azioni, da cui discende quale corollario che il paradigma societario delle s.r.l. non sia assoggettabile ad un tale controllo giudiziario per la sola circostanza che fa parte delle società di capitali. Le s.r.l. infatti rispondono ad una disciplina che ruota attorno al principio della rilevanza centrale del socio e dei rapporti contrattuali tra i soci, in un quadro di larga autonomia statutaria e di libertà di forme organizzative, nel rispetto del principio di certezza nei rapporti con i terzi.

Del resto la riforma del 2003 ha ampliato gli strumenti di tutela del socio rispetto alla normativa anteriore. Infatti l’ambito di operatività dei poteri di controllo dei soci, ai sensi dell’art. 2476, comma 2, c.c., è notevolmente più esteso in quanto non appare più condizionato dal presupposto della mancanza del collegio sindacale: conseguentemente i soci non amministratori possono avvalersi degli stessi poteri anche in presenza degli organi di controllo.

Come detto, la decisione della Corte Cost. non ha risolto le ambiguità che infatti tuttora permangono sia in dottrina che in giurisprudenza.

Ritenendo che il Giudice delle leggi non abbia tenuto in conto l’art. 2477 c.c., un primo orientamento ritiene ammissibile l’utilizzazione del controllo giudiziario riconoscendo come unico limite d’applicabilità esclusivamente le società a responsabilità limitata in cui il collegio sindacale non è obbligatorio. Si contesta dunque che dall’esclusione dell’eventuale legittimazione del collegio sindacale possa dedursi una palese discriminazione nei confronti dei soci, nel senso di non consentire loro il ricorso all’istituto della denuncia al tribunale.

La posizione contrapposta che invece non ammette l’utilizzazione nelle società a responsabilità limitata della procedura di cui all’art. 2409 c.c., si fonda sostanzialmente sull’assunto secondo il quale la denuncia al tribunale non possa essere qualificato alla stregua di un “potere autonomo” del collegio sindacale, rappresentando bensì uno strumento singolare proprio del modello delle società per azioni.

Recentemente la Corte di Cassazione è intervenuta sull’annosa questione facendo propria la tesi restrittiva in relazione all’applicazione dell’art. 2409 c.c. alle s.r.l. munite necessariamente del collegio dei sindaci. In particolar modo la sentenza n. 403/2010 ha articolato le proprie ragioni sostenendo che il richiamo compreso nell’art. 2477 c.c. alle disposizioni previste in tema di società per azioni siano alquanto generiche. Inoltre la Suprema Corte sottolinea la specifica indicazione stabilita dal legislatore attraverso le argomentazioni contenute nella relazione alla riforma. Infine gli ermellini evidenziano la palese discrasia tra un eventuale potere riconosciuto al collegio sindacale di domandare l’intervento dell’autorità giudiziaria ex art. 2409 c.c. e la collocazione attribuita alla società a responsabilità limitata, la quale nell’assetto del sistema societario tratteggiato dalla riforma assume una configurazione decisamente autonoma rispetto alle società per azioni.

Si rendono tuttavia opportune alcune considerazioni. Innanzitutto è certamente da riconoscersi tra gli intenti principali del legislatore della riforma di introdurre specifici e ulteriori strumenti a tutela dei soci, assegnando loro maggiore autonomia nell’ambito del sistema societario della gestione della governance. La disciplina prevede dunque le s.r.l. come un modello autonomo di società rispetto a quello della società per azioni. Tale scelta di politica legislativa deve però confrontarsi con le esigenze che sovente la pratica societaria presenta.

Il rinvio operato dall’art. 2477 c.c. in merito alle funzioni dei sindaci alla disciplina delle s.p.a. esigerebbe, unicamente per le società a responsabilità limitata con nomina obbligatoria del collegio sindacale, l’estensione a queste della possibilità di denuncia al tribunale ai sensi dell’art. 2409 c.c., facente parte della sezione relativa alle società per azioni. Infatti esaminando la problematica da un profilo applicativo e al contempo sistematico, si osserva che nelle società a responsabilità limitata di dimensioni medio – grandi si impone l’utilità di un controllo giudiziale essendo maggiormente frequente la dissociazione tra gli interessi del patrimonio sociale e quello dei soci, che può ripercuotersi in gravi danni per la società e per i terzi.

 

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  1. Sull’argomento, per davvero assai problematico, non può non citarsi Trib. Milano, decr. 26 marzo 2010, in Le Società, 7, 2010, 820 ss., con nota favorevole di L. De Angelis, la quale – a pochissima distanza dalla sentenza della Cassazione sopra citata (che ha affermato l’inapplicabilità tout court dell’art. 2409 c.c. alle s.r.l.) – ha invece ritenuto applicabile l’art. 2409 c.c. quantomeno alle s.r.l. con collegio sindacale (oggi, sindaco unico) obbligatorio ex art. 2477, commi 2 e 3, c.c.
    Sono invece concordi con la tesi più restrittiva le successive Trib. Napoli, decr. 13 luglio 2011, in Le Società, 10, 2011, p. 1230, che per escludere l’applicabilità dell’art. 2367, comma 2, c.c. alle s.r.l., ha fatto leva sull’autonomia del “tipo” sociale argomentando pure dalla inapplicabilità dell’art. 2409 c.c., e Trib. Firenze, ord. 25 ottobre 2011, in Le Società, 1, 2012, p. 5, con annotazione critica di V. Salafia.
    Infine, può citarsi Trib. Salerno, decr. 22 febbraio 2011, in Le Società, 8, 2011, p. 909, secondo cui il procedimento di denunzia al Tribunale per gravi irregolarità, ex art. 2409 c.c., è ammissibile non solo nelle società cooperative per azioni, ma anche in quelle che adottano il modello della s.r.l., stante la generale portata dell’art. 2545-quinquiesdecies c.c.

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