La ricerca sociale e la Pubblica Amministrazione

Secondo la sociologia classica, possiamo affermare che la ricerca sociale si fonda su un principio essenziale secondo il quale i problemi dell’individuo non si esauriscono nella soluzione psicologica che porta la persona all’adattamento al sistema, ma sono piuttosto la spia di quanto le logiche di un complessivo funzionamento del sistema sociale – nella centralità della propria rappresentazione – riescano a mantenere la dialettica tra l’individuo e la società.

In questo senso, è inevitabile che il problema specifico individuale (tradotto in disagio) sarà inserito nella complessità sociale1, in quell’organizzazione del sistema che rimanderà direttamente le sue conseguenze sul vissuto degli individui di appartenenza. Il grado di integrazione dei singoli, pertanto, potrà fornire indicazioni sull’agibilità dell’intero sistema.

Il concetto di “disagio” – in senso generico – è una “scontentezza” per la propria situazione, ovvero per la vita che l’individuo ha in atto, che lo rende insoddisfatto nei desiderata. In tal senso, tuttavia, “tale condizione” individua, pur sempre, uno stato psicologico, dunque un problema della persona che va risolto nella sua singolarità. Il termine “disagio” – allora – tende a “stigmatizzare” il singolo non autosufficiente, che – a ragione di ciò – è costretto a rivolgersi ai servizi sociali, che prendendolo in carico lo “aiuteranno” – talvolta, tuttavia – esercitando anche il “controllo”. In una diversa fattispecie, si parlerà di “alienazione” quando invece si rimanda ad una responsabilità collettiva, più ampia, che coinvolge tanto le istituzioni, quanto i cittadini stessi che non riescono a superare la barriera del rapporto con l’altro2.

La società – così come si pone de visu -, allo stato, tende a creare lavoro precario e contrattualità sociali provvisorie, promuovendo quella trasformazione della famiglia da originario luogo di sicurezza, “porto dove ancorare l’intero solidale nucleo”, a centro di logiche individuali, con contrapposizioni profonde che rimandano a rapporti – anch’essi – potenzialmente temporanei. La conseguente trasformazione/degenerazione della “cellula primaria” indurrà negli attori una ridotta assunzione di responsabilità personale che si riverbererà – de plano - nei rapporti sociali, essi di qualsiasi natura. E’ facile, pertanto, l’innesco di quella tensione sociale che si declinerà necessariamente in “insicurezza”, dapprima personale, successivamente come deriva per la deresponsabilizzazione collettiva; in altri termini, verranno a mancare “i valori di riferimento”, con evidente grave nocumento per la coesione sociale, così come troviamo nel lavoro di Jenson3.

Partendo da quanto postulato da Merton4, nel tentativo di individuare – con l’ausilio della ricerca sociale – le esigenze emergenti, in verità, talvolta anche, preesistenti in un agglomerato urbano, con l’evidente fine di andare incontro alla soddisfazione dei desiderata, attraverso una possibile programmazione delle azioni da mettere in atto, sia da parte delle istituzioni, sia dagli stessi attori di tale società civile, l’attività per condurre la ricerca sociale dovrà tenere conto di almeno quattro aspetti fondamentali:

  1. la composizione della popolazione, intendendo, in tal senso, quelle caratteristiche che aiutano a costruire un quadro degli abitanti del luogo: ovvero i dati anagrafici (genere, età, composizione del nucleo familiare), la formazione scolastica, l’occupazione, il rapporto con le altre nazionalità presenti;

  2. le linee di trasporto urbano ed extraurbano, le attività finanziarie e del terziario in genere;

  3. le istituzioni che operano in quel territorio, la distribuzione dei servizi, la loro qualità in relazione alle esigenze avanzate dai cittadini;

  4. l’attività di relazione tra i componenti il tessuto sociale.

Facendo proprio il concetto di paradigma scientifico di Thomas Kuhn che, con il suo saggio del 19625, pose le basi per il rinnovamento della metodologia, lo studio dei problemi sociali è una visione generale sul mondo, una griglia di lettura, spesso implicita, che precede e fonda tanto la teoria quanto le tecniche; essa guida il lavoro dei ricercatori.

Riprendendo quanto affermato dal Toriano6, poiché la ricerca sociale si occupa della raccolta e dell’interpretazione di dati per rispondere a domande concernenti aspetti diversi della società, al fine di comprenderla, si può affermare che questi aspetti dello studio – chiaramente ineludibili poiché fondamentali – che andranno rilevati con l’attività del ricercatore, per comprendere le dinamiche utili alla finalità dell’obbiettivo da raggiungere, sono tra loro necessariamente in interazione e non sono separabili. L’interdipendenza che li caratterizza o, viceversa, il grado di presenza/assenza, ovvero l’affermazione di certi aspetti sugli altri, andrà a definire, in un certo qual modo e talvolta anche visibilmente, la qualità della vita dell’insieme degli abitanti in esame. Pertanto come sarà rilevabile, l’offerta dei vari tipi di servizi, quali quelli comunali, sanitari, commerciali, mezzi di trasporto, volontariato, fino ad arrivare alle strutture per il tempo libero, dunque per l’aggregazione sociale e l’integrazione tra cittadini, effettivamente evidenzierà il termine di benessere e attenzione all’individuo.

Con la descrizione approfondita degli aspetti che muovono le dinamiche di un insediamento urbano si potranno individuare quei fattori, i quali condizionano il potenziale sviluppo della stessa comunità, poiché ne favoriscono la comprensione.

L’agire dell’uomo, quindi di un cittadino di una comunità, non è cristallizzato nel tempo, anzi è in continuo divenire, pertanto vanno attentamente registrate le tendenze del mutamento. La rappresentazione del disagio, in qualsiasi momento potrà sfociare facendo emergere fenomeni di criminalità, violenza, emarginazione, apatia e anomia sociale. Per quanto appena affermato, riportando il pensiero di Durkheim7, che – antesignano nel 1893 – utilizzò tale termine nel suo primo importante lavoro, è necessario tenere presente che il venuto meno soddisfacimento delle esigenze della cittadinanza potrà registrarsi non soltanto per la mancata erogazione dei servizi, ma anche, in verità, per la non concretizzazione di quella coesione sociale, che comporta in genere anche uno scarso senso di appartenenza o disinteresse per tutto ciò che è sociale e condiviso.

La coesione sociale, il senso di collettività, la ricostruzione di un tessuto urbano consapevole non può, però, venire dall’alto. La coesione sociale – come nel tempo dimostrato dagli studi sociali – cresce solo se attivata dal basso8 (attraverso, cioè, un processo di bottom up); in tal senso, il ruolo di un’amministrazione locale, pertanto, non è quello di fornire una ricostruzione di siffatto attributo della società, che il cittadino si troverà ad accettare “passivamente”. Al contrario, l’Ente Locale, ovvero il sistema politico-amministrativo, potrà iniziare un processo che superi il generico atteggiamento “erogatorio” delle istituzioni, che può essere recepito anche in senso protettivo (calato dall’alto, tipico del processo di top down), promuovendo una condotta che orienti all’attivismo civico,ossia il fatto che i cittadini si uniscono e agiscono nella scena pubblica per cause di interesse generale giocando il ruolo di agenti del policy making9. Si restituirà – a tal stregua – al cittadino la responsabilità dell’appartenenza, della gestione degli spazi comuni, quindi la città come luogo e contesto vivibile. Con questo contributo, necessariamente spontaneo ed attivo, dunque volto a creare/percepire quel senso di coesione sociale efficace e consapevole, i “luoghi”, intesi come tessuto urbano, potranno essere riorganizzati dagli stessi abitanti di quel territorio/quartiere.

Il primo passo per favorire questo percorso virtuoso è l’ascolto diretto10 delle esigenze della popolazione da parte delle Istituzioni. L’Ente Pubblico è chiamato a fare il possibile per soddisfare il cittadino-cliente entrando in contatto con lui e cercando di acquisire tutte le informazioni circa i suoi bisogni e le sue aspettative, anche le più latenti.11 E’ proprio a questo che dovrà servire il lavoro di ricerca, che andrà offerto alla Pubblica Amministrazione che attraverso una programmazione delle azioni potrà redigere il Piano Sociale, proprio nel tentativo di andare incontro alla soddisfazione delle esigenze emergenti nel proprio agglomerato urbano.

In un paese che si vuole definire progredito, la valorizzazione del punto di vista del cittadino – a cui viene chiesto, con il prelievo fiscale, di contribuire al bilancio economico nazionale -, la care satisfaction e la sua rilevazione per il miglioramento della qualità sostengono l’elevarsi dell’immagine e la credibilità dello Stato, conditio sine qua non per la fiducia nella stessa Istituzione e nei suoi servizi. Questa politica rivolta alla soddisfazione – tuttavia – necessita di un cambio radicale di approccio, una diversa angolazione di veduta. Diversamente argomentando, l’utente dovrà essere visto come una persona (controparte attiva del servizio, umanizzato nell’immaginario), come portatore di diritti e fonte di risorse, oltre che co-produttore del servizio (anche nella veste di contribuente con il pagamento delle tasse). Egli diventerà – dunque – un interlocutore qualificato nell’esprimere il giudizio sui servizi e sulle prestazioni che gli saranno erogati.

Ogni iniziativa di rilevazione di customer satisfaction, rappresenterà sicché un’occasione favorevole, che potrà condurre all’incipit per intraprendere quell’azione di metamorfosi culturale che si tradurrà in una nuova idea di programmazione, ed anche in capacità del cittadino alla partecipazione attiva. Tanto – quindi – fungerà da stimolo per un consapevole e migliore uso dei servizi, che si riverbererà nella necessaria e auspicata trasparenza circa le attività svolte dalla Pubblica Amministrazione, con il determinarsi dell’aumento del livello di comunicazione tra gli attori.

In tal senso, come indicato nel Secondo Rapporto sullo Stato di Attuazione del Piano Nazionale di Riforma che rimanda alle direttive della Strategia di Lisbona la lungimiranza della politica sarà data – ovviamente – dal grado di conoscenza dell’ambito locale nel quale è attiva. Il territorio, in verità, come già accennato, poiché non cristallizzato, non è dato una volta per sempre; allora, deve essere “ascoltato” dalla governance. Conseguentemente dovranno essere considerate con attenzione quelle tendenze del mutamento, quei disagi che emergendo potranno trasformarsi nell’agire sociale patologico12 già anticipato. La comprensione delle dinamiche interne del convivere cittadino e delle sue strutture assistenziali, sanitarie, amministrative e organizzative è, pertanto, parte integrante della ricerca nella costruzione di un quadro di quella consapevolezza della città, dei suoi punti di forza, ma – anche e principalmente – di debolezza.

In studi di questo genere, la ricerca operante, come definita in letteratura, è una ricerca sociale sul campo di tipo qualitativo.

La ricerca qualitativa, significativamente rivalutata dai sociologi contemporanei, è lo strumento classico della ricerca sociale. E’ un’attività di studio aperta e interattiva (per questo l’immedesimazione empatica studioso/studiato è fondamentale) in cui la teoria – diversamente che per quella definita quantitativa – emerge a posteriori. Con essa si volge lo sguardo a quelli che sono gli elementi storico-sociali utili per alla comprensione dei fatti sociali. Secondo Corbetta13, l’intervista praticata e guidata dall’intervistatore, avente finalità di tipo conoscitivo, è una sorta di conversazione provocata dallo stesso intervistatore, rivolta a soggetti scelti sulla base di un piano di rilevazione e in numero consistente; essa poggia sulla base di uno schema flessibile e non standardizzato di interrogazione.

Il rapporto tra metodo e oggetto di indagine non è dissociabile; tale principio che rimanda ad una considerazione weberiana, è alla base di siffatta ricerca sul campo. In altri termini, si tratta di mettere in atto quella modalità di ricerca “partecipata”, dove il ricercatore si rappresenta attivamente al contesto in cui svolge l’indagine. Con questa prerogativa egli centrerà un duplice obiettivo: capire il contesto “dal di dentro”, quindi senza il distacco dell’osservazione – dall’alto – di concetti o paradigmi precodificati, rendendo così più significativa la consapevolezza problematica; dall’altro, come affermato da Simmel, l’obbiettivo sarà compiere la ricerca sul campo attraverso un rapporto qualitativo a due vie tra l’oggetto d’indagine e il ricercatore, fornendo già quegli elementi di partecipazione attiva e spunti di riflessione ai cittadini stessi, coinvolti come intervistati.

Lo studio sociologico qualitativo, che, talvolta, si avvale anche di dati quantitativi ad integrazione del quadro complessivo di un fenomeno e per delineare il suo contesto oggettivo, opera un processo di indagine che tende a comprendere una realtà sociale, avendo cura di superare eventuali prese di posizione ideologiche, normative o politiche; pertanto, sarà fondamentale per il ricercatore non influenzare i contenuti, neppure con la comunicazione non verbale e l’ascolto sarà – appunto – attivo e non giudicante.

Le indagini sociali che descrivono il grado di soddisfazione dell’utenza hanno i seguenti obiettivi di rilevazione:

  • l’emersione della qualità così come percepita dal cittadino e la misurazione della soddisfazione rispetto agli aspetti indagati;

  • la misurazione dell’efficacia e dell’efficienza del servizio erogato;

  • la valutazione per l’erogazione di nuovi servizi e/o modifica di quelli esistenti;

  • l’individuazione degli ambiti da implementare/migliorare;

  • il miglioramento delle condizioni all’interno dei servizi.

Con il modello d’indagine proposto si potrà – di fatto – misurare la soddisfazione per la qualità percepita; l’efficacia della risposta ai bisogni espliciti, ma anche eventuali bisogni trascurati e/o latenti, nonché il miglioramento dello status quo.

La traccia dell’intervista deve contenere alcune domande per avviare la conversazione, esse serviranno per identificare i concetti chiave del problema e scomporli nelle loro principali dimensioni costitutive.

La griglia delle domande dell’intervista è studiata per poter dirigere la discussione. Nel costruire la griglia, si seguono due principi base: partire dalle domande più generali, per passare gradualmente a quelle più specifiche; ordinare le domande in base all’importanza, in relazione allo scopo della discussione.

Il lavoro di ricerca delle scienze sociali – è facile comprendere – è stato pensato per poter offrire delle linee guida, che sapranno essere, pertanto, utili alla politica del territorio, quindi agli “addetti ai lavori” per la stesura di quel “Piano sociale per la qualità della vita” delle città. I risultati della ricerca, allora, saranno strumenti per comprendere il gradiente della qualità14 del territorio in questione, le sue dinamiche di inclusione ed esclusione, le eventuali criticità e contraddittorietà insite nel suo sistema, cioè le forme che assume e attraverso le quali si esplica l’azione individuale e sociale (così come postulato da Simmel, poc’anzi citato), con l’ulteriore scopo di avvicinare cittadini e istituzioni attraverso un’ottica di partecipazione attiva e consapevole da entrambe le parti. In tal caso, la politica locale partendo da una visone più ampia e facendo riferimento ai risultati di questo lavoro potrà individuare le aree su cui puntare per aggiornare/migliorare il sistema quartieri/città mettendolo nella condizione di confrontarsi e reggere con i mutevoli cambiamenti in atto, e ponendo come finalità il raggiungimento dei livelli medi europei in termini di qualità/benessere sociale inteso come sviluppo della vivibilità, innalzamento dei livelli di soddisfazione, crescita del livello di sicurezza e modernizzazione del contesto ambientale cittadino.

Quanto già detto sull’agire dell’uomo non cristallizzato nel tempo, vale anche per il processo di erogazione/fruizione di servizi; l’attività sarà svolta in un continuun dinamico, sempre diverso, proprio perché frutto della relazione tra individui. La sua qualità – sicché – sarà un risultato a posteriori perché rilevabile soltanto dopo dell’effettiva erogazione della prestazione.

Una riflessione sulla qualità e sull’efficienza nell’erogazione di servizi pubblici è da diversi anni al centro di un forte dibattito, sia in politica, sia nel mondo accademico e numerose esperienze segnalano che, anche in Italia, sebbene con le diverse realtà regionali, si registra un trend di crescita dell’attenzione verso il “miglioramento continuo”15. Resta, comunque, l’atavico divario tra le due macroaree centro-nord e centro-sud, con quel particolare riferimento ai servizi sanitari. Il Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali con la pubblicazione del 200816 in materia di “quantificazione degli obiettivi” ha evidenziato – nella consapevolezza dello status quo – la necessità della costruzione di un nuovo Welfare capace di avvalersi di un costante monitoraggio e di un approccio per obiettivi, in modo da consentire agli addetti ai lavori e ai loro interlocutori sociali di misurare continuamente l’avvicinamento ai risultati prefissati, l’effettiva utilità delle politiche adottate, l’opportunità di correzioni nel caso di scostamenti, il confronto con i sistemi degli altri Paesi, il ricorso agli indicatori europei previsti in materia di politiche per la salute, l’innovazione, la crescita e l’occupazione.

La diversità dei risultati nel territorio, tuttavia, è un gap che – allo stato – nemmeno la produzione di leggi ad hoc è in grado di colmare se non si procede per una inversione di tendenza di natura culturale nella governance gestionale, complice – in tal senso – la malapolitica. E’ chiaro quanto la normativa, anche la più illuminata, che predispone quell’organismo centrale di valutazione con il compito di: indirizzare, coordinare e sovrintendere all’esercizio indipendente delle funzioni di valutazione; di garantire la trasparenza dei sistemi di valutazione; di assicurare la comparabilità e la visibilità degli indici di andamento gestionale delle Pubbliche Amministrazioni nulla può per arginare quei comportamenti opportunistici ravvisati negli interessi personali, nelle complicità trasversali, infine nella famelica voluttà delle lobbies del potere.

Così come enunciato nel “Libro verde sul futuro del modello sociale”, è giunto il momento di gettare le fondamenta per un nuovo Welfare che, per garantire pari opportunità e diritti sostenibili lungo l’intero ciclo di vita a tutti i componenti della società, si avvalga primariamente, e in una logica di piena sussidiarietà, del contributo di soggetti responsabilmente attivi. Soggetti che, proprio in quanto tali e in quanto messi nella condizione di sviluppare pienamente le proprie potenzialità, sono capaci di essere utili a sé e agli altri.

E’ finito il tempo della contrapposizione, tutta ideologica, tra Stato e mercato ovvero tra pubblico e privato. Un Welfare delle opportunità non può che scommettere su una virtuosa alleanza tra mercato e solidarietà attraverso una ampia rete di servizi e di operatori, indifferentemente pubblici o privati, che offrono, in ragione di precisi standard di qualità ed efficienza coerenti in tutto il territorio nazionale, non solo semplici servizi sociali e prestazioni assistenziali, ma anche la promessa di una vita migliore – e, nei casi estremi, anche solo della vita stessa – incidendo su comportamenti e abitudini negativi e in grado di proporre nuovi stili di vita. E’ chiaro, diversamente, quanto il tipo di cultura della malapolitica e delle lobbies del potere17 sia fonte di insoddisfazione nel cittadino poiché espressione di discrasia tra le parti, ovvero accentuata asimmetria tra la popolazione e la governance.

E’ un dato di fatto che certe nostre regioni si trovano a dover fronteggiare la situazione di precarietà e provvisorietà sociale di migliaia di famiglie, che influisce sugli atteggiamenti individuali producendo quel senso di insicurezza diffuso, timore, che, a volte, si concretizza in vere e proprie forme di disagio.

Gli indicatori sui servizi forniti da una ricerca sociale fatta su un determinato territorio potranno, quindi, meglio evidenziare una situazione ancora largamente carente rispetto alla media nazionale e, certamente ancor di più, anche rispetto agli standard europei e come previsto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità18.

Allo stato, nonostante quella dote di risorse finanziarie “esterne ed interne” che hanno interessato l’Italia nell’ultimo decennio, talune regioni presentano – dunque – ancora condizioni di arretratezza, sia sociale, sia economica19.

I principali ostacoli allo sviluppo uniforme dell’intera nazione possono essere ricondotti da un lato, alle sfavorevoli condizioni di legalità che contraddistinguono larga parte della vita economica e civile di pertinenza, dall’altro lato, alla bassa capacità gestionale (talvolta, solo un eufemismo) delle amministrazioni pubbliche. Tanto, in una logica di “impunità” molto diffusa (senza discriminante nel Paese) induce a quella deresponsabilizzazione nel processo di soddisfacimento dei bisogni degli utenti. Questo disvalore sembra essere divenuto parte fondante della cultura di quell’organizzazione e del modo di lavorare del suo establishment, con l’inevitabile conseguenza di un’erogazione di servizi scadenti, ovvero lontano da quegli standard previsti, dei quali – paradossalmente – saranno essi stessi vittima e, per i quali non potranno che essere insoddisfatti, come per una sorta di nemesi. E’ impensabile – di conseguenza – nascondere che suddetti aspetti critici sono “sotto la luce del sole”.

Il nostro territorio è innegabilmente dotato di un sistema di servizi sociali inadeguato rispetto alla gravità delle condizioni sociali in cui versa. Nel tempo, le Amministrazioni decentrate tentando di dare corpo a quanto previsto con il dettato della L. n° 328 del 2000, hanno provato ad innovare tale sistema prevedendo gli interventi e i servizi sociali20 che sul territorio regionale costituiscono il livello essenziale delle prestazioni erogabili; altresì, sono stati previsti gli stessi livelli idonei a garantire cittadinanza sociale e qualità della vita alle persone e alle famiglie del territorio21. Contemporaneamente sono stati predisposti i Piani Regionali degli interventi e dei Servizi tendenti ad offrire pari opportunità e tutela dei soggetti più deboli. Siffatti dispositivi che – allo stato – sono stati anche approvati, per tutta una serie di motivazioni non registrano la giusta spinta per avviarsi, configurando, in vero (escludendo alcune realtà più virtuose), lo stato dell’arte in una situazione d’impasse che – in pratica – impedisce nei fatti l’attuazione di quanto previsto dalla normativa vigente, lasciando lo scenario delle Politiche sociali allo stato di partenza.

1 F. Mignella Calvosa, Cttà e mutamento sociale. Nuova identità della popolazione romana, Franco Angeli, Milano, 2001.

2 La condizione di alienazione o di estraniazione inizia storicamente nell’epoca del tramonto della polis, in seguito al venir meno di quell’armonioso rapporto individuo-comunità che costituiva la caratteristica fondamentale dell’eticità greca. La polis era un tutto armonico, coeso e compatto, in cui gli individui non facevano valere le loro volontà e i loro interessi particolari, ma agivano e si sacrificavano per la cosa pubblica, per l’interesse generale o comune.

https://www.treccani.it/enciclopedia/alienazione_%28Enciclopedia_delle_scienze_sociali%29/

3 J. Jenson, Mapping social cohesion: The State of Canadian Research, Ottawa, Canadian Policy Research Networks, 1998.

4 R. K. Merton, Social Theory and Social Structure, The free press, New York, 1949; ed. It., Teoria e struttura sociale, Il Mulino, Bologna, 1959. Per Merton l’analisi funzionale, come elemento di una teoria di medio raggio, è fondamentale per comprendere il livello di integrazione tra individuo e strutture sociali e culturali, cioè comprendere se una data società persiste e funziona grazie al grado di diffusione e accettazione dei valori condivisi in essa. La ricerca ha, quindi, un ruolo attivo poiché: stimola, riformula, riorienta, e chiarifica la teoria, contribuendo a plasmare lo sviluppo. In G. Toriano, Metodologia e tecniche della ricerca sociale, Pensa Multimedia, Lecce, 2005.

5T. Kuhn, The Structure of Scientific Revolutions, University of Chicago Press, 1962.

6G. Toriano, Metodologia e tecniche della ricerca sociale,op. cit., pag. 15.

7 E. Durkheim, De la division du travail social, Félix Alcan, Parigi, 1893. Ai fini del nostro discorso, sottolineando maggiormente l’importanza della ricerca sociale volta a dare maggiore incisività all’azione sociale dell’istituzione e del singolo, si ricorda la distinzione dei fatti sociali di Durkheim in normali e patologici. I criteri suggeriti da Durkheim per individuare l’occorrenza normale o patologica di un fatto sociale sono il criterio della diffusione (ovvero la verifica di quanto il fatto sia diffuso) e il criterio dell’osservazione (ovvero il monitoraggio di sviluppo della società). E’ proprio grazie all’individuazione dei fatti sociali, grazie cioè alla ricerca, che è possibile prevenire o intervenire sull’anomia, cioè sulla devianza dalle norme del vivere comune.

8 R. Berger-Schmitt, Social Cohesion as an aspect of quality of societies: Concept and Measurement, Center for Survey Research and Methodology (ZUMA), Mannheim, 2000.

9 G. Moro, Cittadinanza attiva e qualità della democrazia, Carocci editore, Roma, 2013.

10 Ascolto inteso anche come momento “fisico” di incontro, ma – anche – come momento di “pensiero” per un’anticipazione di tendenza.

11 A. Tanese, G. Negro, A. Gramigna, a cura di, La customer satisfaction nelle amministrazioni pubbliche. Valutare la qualità percepita dai cittadini, Analisi e strumenti per l’innovazione. I manuali, Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Funzione Pubblica – Ufficio per l’innovazione delle Pubbliche Amministrazioni, Rubbettino Editore Srl, Soveria Mannelli, 2003.

12Tale strategia complessiva è costruita a partire da un nuovo rapporto tra i livelli istituzionali con l’avvio di forme di cooperazione attraverso tavoli di coordinamento con regioni, autonomie locali e soprattutto con un partecipazione attiva di tutte le forze sociali: terzo settore, parti sociali, volontariato e formazioni sociali in genere. Tra le iniziative per rafforzare il dialogo e la partecipazione sociale di grande rilevanza è quella che si propone di realizzare un periodico bilancio sociale del Paese, per fare il punto sul complesso di meccanismi sociali e culturali, molto diffusi nella società attuale, che, accanto a nuove opportunità, producono precarietà, incertezza e rischi che possono preludere anche a forme di disagio estremo. Il fine ultimo è di poter disporre di uno strumento partecipato di orientamento nelle scelte di politica sociale.

Strategia di Lisbona, Piano Nazionale di Riforma, Secondo Rapporto sullo Stato di Attuazione, Roma, 23 ottobre 2007.

13 P. Corbetta, Metodologia e tecniche della ricerca sociale, Il Mulino, Bologna, 1999.

14Per quanto è riconducibile alla determinazione del gradiente della qualità è opportuno non trascurare quanto tale ambito sia “spinoso” e si rappresenti caratterizzato da una risultante altamente soggettiva, ma anche aleatoria, poiché è nella natura umana la propensione a gusti volubili. L’individuo, talvolta, è incline alla soddisfazione di alcuni elementi che esulano dalle caratteristiche del servizio realmente erogato, pertanto queste considerazioni, talora insostenibili, saranno influenti sulla qualità attesa, tanto che, operato un rapporto – in questo caso, non sempre fondato nella comparazione – con quanto ricevuto con la prestazione del servizio offerto determina “più o meno” la soddisfazione/insoddisfazione.

15 L. Benedetti, Un percorso di valutazione della qualità nei servizi socio-assistenziali, in L. Benedetti et al, “Valutazione e riforma dei servizi sociali”, Franco Angeli, Milano, 1997.

16La vita buona nella società attiva.Libro Verde sul futuro del modello sociale, Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, Roma, 25 luglio 2008.

17Ivi, La vita buona nella società attiva.Libro Verde sul futuro del modello sociale, Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, pag. 16.

18Il Parlamento Europeo, con direttive ormai vigenti da tempo, ha dato le indicazioni di centralità del cittadino-utente, per la sua informazione e soddisfazione. Sempre a livello europeo, non può non essere ricordata la Proposta di Direttiva del 2 luglio 2008, con la quale è stato previsto tra le sue linee di indirizzo comunitario lo sviluppo di meccanismi per assicurare la qualità e la sicurezza dei servizi sanitari erogati in materia di diritti dei pazienti nell’assistenza sanitaria nell’intero territorio europeo.

Il documento dell’Organizzazione Mondiale della Sanità del 2000 “Migliorare la performance dei sistemi sanitari” ha sottolineato la necessità della rispondenza ai desideri e alle aspettative dei cittadini come strumento per il conseguimento di un migliore stato di salute, perché i pazienti sono più incoraggiati ad utilizzare l’assistenza se vengono trattati bene, tempestivamente e nel rispetto della propria dignità.

19 Esigenze di contenimento della spesa e di adempimento normativo (prescrizioni del protocollo ISO 9004: 2000) spingono – oggi – l’attenzione verso la necessità di una più accurata conoscenza dell’utenza e delle sue caratteristiche, con il chiaro di ottimizzare l’efficienza degli interventi e di utilizzare in modo mirato risorse sempre più scarse.

20In proposito, nel quadro della ripartizione delle competenze tra lo Stato e le Regioni, in merito alla realizzazione dei servizi sociali e di supporto alle famiglie, si è proceduto alla stipulazione di Intese tra il governo centrale e governi locali, fondate sulla definizione di una forte convergenza sugli obiettivi da realizzare, nelle quali sono state individuate alcune priorità (sperimentazione di iniziative di abbattimento dei costi dei servizi per le famiglie con numero di figli pari o superiori a quattro, riorganizzazione consultori familiari e la qualificazione lavoro assistenti familiari) …

Strategia di Lisbona, Piano Nazionale di Riforma, Secondo Rapporto sullo Stato di Attuazione, Roma, 23 ottobre 2007.

21Si può affermare che un servizio è di qualità se tutti gli “attori” coinvolti si sentiranno garantiti nei propri diritti. La qualità potrà bene rappresentarsi se risponderà ad un momento di mediazione ottimale tra chi eroga e chi riceve il servizio. Sarà, pertanto, la mescolanza tra i diversi valori, le aspettative, i bisogni, i diritti che ruotano attorno ad un servizio.

 

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