[TRIB. LA SPEZIA, DECR. N.15986/2010] Il beneficiario di amministrazione di sostegno può effettuare donazioni…ma per mezzo dell’amministratore e previa autorizzazione giudiziale!

Con la pronuncia in commento, la giurisprudenza ha affrontato per la prima volta il problema relativo alla capacità di donare del beneficiario di amministrazione di sostegno, e lo ha risolto – si ritiene – scegliendo la soluzione meno plausibile tra quelle principali proposte in dottrina.
A tale riguardo, si può approssimare come segue:
- un primo orientamento enfatizza la norma dell’art. 409, comma 1, c.c., secondo cui “il beneficiario conserva la capacità di agire per tutti gli atti che non richiedono la rappresentanza esclusiva o l’assistenza necessaria dell’amministratore di sostegno”, ed afferma che – laddove il giudice non abbia disposto una specifica limitazione in tal senso nel decreto di nomina – il beneficiario conserva integra la propria capacità legale di agire, e quindi può compiere liberamente qualsiasi atto giuridico che non rientri nell’elenco di quelli “partecipati ed autorizzati” di cui al decreto di nomina, ivi comprese le donazioni;
- un altro orientamento, invece, fa leva sulla lettera dell’art. 774, comma 1, c.c., ai sensi della quale “non possono fare donazione coloro che non hanno la piena capacità di disporre dei propri beni”, e si fonda su una presunta distinzione tra capacità di agire e capacità “piena” di agire. Sebbene, infatti, si riconosca che il beneficiario di amministrazione di sostegno non sia un soggetto incapace, ancorché parzialmente, essendo semmai un soggetto parzialmente capace, lo stesso subisce comunque una limitazione della propria capacità legale di agire in forza del decreto di nomina, cosicché egli non potrà avere ontologicamente una capacità “piena” di disporre dei propri beni, proprio perché esistono sempre delle restrizioni discendenti dal decreto di nomina. Di conseguenza, al beneficiario di amministrazione di sostegno deve negarsi la capacità di effettuare valide donazioni, in conformità con quanto stabilito dall’art. 774 c.c.
Ora, qualunque soluzione si scelga di condividere, è in ogni caso pacifico in dottrina che il decreto di nomina non possa incidere sulla disciplina della donazione, per la quale – come è noto – è esclusa ogni forma di rappresentanza legale (cfr. art. 777 c.c.) e volontaria (solo una mera ambasceria: cfr. art. 778 c.c.). Pertanto:
- per il primo orientamento, il beneficiario potrà eventualmente compiere qualsiasi donazione in prima persona, giacché è un soggetto capace legale di agire per tutti quegli atti non inclusi nel decreto di nomina;
- per il secondo orientamento, il beneficiario non potrà mai effettuare alcuna donazione (salvo alcune precisazioni di questa seconda teoria che possono ben omettersi in questa sede), né in proprio né, tanto meno, per mezzo di assistenti o sostituti negoziali, in quanto è un soggetto privo di una capacità di agire “piena”.
Ed invece, secondo Trib. La Spezia, decr. 2 ottobre 2010, n. 15986, in Riv. notar., 6, 2011, 1449 e ss., il beneficiario di amministrazione di sostegno deve senz’altro considerarsi capace di donare, in quanto è un soggetto che, nonostante tutto, conserva la propria capacità legale di agire, e ciò sia nel caso di amministrazione assistenziale che nel caso di amministrazione sostitutiva, con il solo limite eventuale dell’art. 411, ultimo comma, c.c. E fin qui…
Tuttavia – ecco l’affermazione sicuramente discutibile – in caso di amministrazione sostitutiva (era questo il caso di specie), il compimento dell’atto donativo potrà essere effettuato per mezzo dell’amministratore/legale rappresentante (sic), e, conseguentemente, previa autorizzazione del giudice tutelare (sic sic), allo scopo di verificare la sussistenza di un effettivo intento liberale in capo al beneficiario e che l’atto non sia pregiudizievole per i suoi interessi personali e patrimoniali.
Con buona pace, quindi, dell’art. 777 c.c. e della natura personalissima del contratto di donazione ex latere donantis.

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  1. Si ricorda che già in un’altra occasione la giurisprudenza di merito ha clamorosamente ignorato la norma di cui all’art. 777 c.c., ed ha autorizzato il compimento di una donazione da parte, addirittura, del tutore di un soggetto totalmente incapace di agire: così Trib. Caltagirone, decr. 10 luglio 2008, in Dir. fam. e pers., 2, 2009, 673 e ss.

  2. Tempo fa, il Giudice Tutelare di Forlì, con Decreto emesso il 27 settembre 2007, aveva autorizzato un beneficiario di amministrazione di sostegno a disporre per testamento pubblico con l’assistenza del suo amministratore (vedi in M. Agresta, La necessaria solitudine del testatore, in Riv. notar., 1, 2010, 261 e ss.).
    Qui, a mio avviso, la violazione di legge è ancora più grave, giacché l’art. 591 c.c. non pretende una capacità “piena” di agire, ma esclude dalla capacità di testare “coloro che sono dichiarati incapaci dalla legge” (peraltro, non tutti i soggetti incapaci, ma soltanto quelli indicati nel secondo comma: minori, interdetti giudiziali, e incapaci naturali).
    Sicché, è pressoché certo che il beneficiario di amministrazione di sostegno, in quanto soggetto capace (limitato), possa disporre per testamento, senza dover essere autorizzato da alcun giudice né, tanto meno, con l’assistenza o la rappresentanza del suo amministratore di sostegno.
    A meno che, ovviamente, tale facoltà non venga esclusa nel decreto di nomina, ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 411 c.c.; nel qual caso, però, il beneficiario non potrebbe disporre in alcun modo a mezzo di testamento, venendo ad essere parificato, su questo aspetto, ad un interdetto giudiziale.
    Anche e soprattutto il testamento, infatti, è un atto personalissimo, che non tollera alcuna forma di ingerenza da parte di soggetti terzi (salvo rare eccezioni), tanto è vero che, secondo autorevole dottrina, l’incapacità a testare – così come l’incapacità a donare – costituirebbe più una forma di incapacità giuridica relativa.

  3. Ci risiamo: questa volta è il Trib. Varese, decr. 12 marzo 2012, in Fam. e dir., 5, 2012, 492 ss., ad aver autorizzato un amministratore di sostegno a formare un testamento – olografo – in nome e per conto del beneficiario dell’amministrazione malato di SLA.
    Invero, che una simile pronuncia provenga dal foro varesino non stupisce più di tanto, vista la profonda sensibilità che il suo giudice tutelare, dott. Buffone, ha più volte dimostrato verso la persone disabili e la tutela dei loro diritti fondamentali (basta consultare le riviste di settore degli ultimi anni per rendersene conto…).
    Nonostante, però, la assoluta condivisibilità delle esigenze sottese al provvedimento in parola, rimane un grave errore di diritto ammettere la sostituibilità negoziale di un atto personalissimo, quale è appunto l’atto testamentario; tanto più nel caso di specie, dove il beneficiario dell’amministrazione di sostegno poteva disporre di un comunicatore a puntamento oculare, e che per suo tramite avrebbe potuto dichiarare le sue ultime volontà ad un notaio accedendo alla forma del testamento pubblico.
    Mi si dirà: in questo modo, però, si costringerebbe il malato di SLA, solo perché impossibilitato a scrivere e sottoscrivere, ad utilizzare il servizio notarile e, soprattutto, a sostenerne il relativo costo.
    Ciò è vero, ma a parte il fatto che questa è la condizione di chiunque si trovi impossibilitato a redigere da sé qualsiasi scrittura, e che la funzione notarile serve proprio a sopperire a tale impossibilità, fisica o giuridica che sia, rimane il fatto che il giudice non è legibus solutus, e che pertanto non può inventare istituti giuridici a cui invece, più responsabilmente, dovrebbe pensare il Legislatore.
    Ecco, magari servirebbero delle regole nuove adeguate, che sappiano confortare la creatività dei giudici più sensibili (onore a loro!) e soprattutto rispondere alle esigenze umane che vi stanno dietro: per dirne qualcuna, si potrebbero introdurre forme testamentarie alternative (es. testamento privato informatico), oppure ridurre o azzerare gli onorari notarili (se si è fatto per le famigerate s.r.l. semplificate, perché non si dovrebbe poter fare anche in questi casi?!), finanche a prevedere la tanto agognata sostituibilità negoziale nei casi di impossibilità fisica.

  4. …Ma la cosa più grave è che, al di là del meritorio intento del giudice, la decisione sembra basarsi sul falso presupposto che il testamento pubblico non possa essere perfezionato da soggetto impossibilitato a sottoscrivere l’atto notarile. Nel provvedimento, in fatto, si legge testualmente che: “L’amministratrice di sostegno ha presentato al giudice quelle che sarebbero le volontà testamentarie del beneficiario; volontà che, però, non possono essere tradotte in testamentifactio per (sic!) la impossibilità fisica del fratello di firmare il negozio, eventualmente nello studio notarile prescelto (…)”, con ciò dimostrando di ignorare del tutto la legge notarile e le formalità che questa già dal 1913 precrivere in presenza (e a tutto vantaggio) dei comparenti affetti da minorazioni.
Inoltre, sul piano teorico-generale, mi sembra opportuno aggiungere con autorevole dottrina (v. BIGLIAZZI GERI L., Il testamento, nel Tratt. dir. priv. diretto da P. Rescigno, 6, Torino, 1982, p. 46) che il “fare” testamento, più che costituire «uno di quei diritti personalissimi di cui, se non vi è esercizio, non vi è neppure titolarità», altro non è che uno dei tanti modi attraverso i quali si esplica l’autonomia privata, non esistendo affatto nel nostro ordinamento uno specifico diritto soggettivo a fare testamento, per di più in una determinata forma (stante, del resto, il noto principio dell’equivalenza, sul piano degli effetti, delle varie forme testamentarie).



  5. E mi sia consentita un’ultima, volutamente polemica, notazione: si dice sempre dei costi notarili…invece tutto il procedimento così instaurato, l’attività dell’avvocato che in veste di curatore speciale è chiamato, di fatto, a confezionare questo testamento “olografo”, non hanno un costo?

  6. E già… senza contare che – sarà poca roba ma è così – quando si tratta di testamenti il notaio non può ricusare il proprio ministero adducendo il mancato pagamento degli onorari (cfr. l’ultimo comma dell’art. 28 della Legge notarile).

  7. Io sono persuaso che il “costo” complessivo della soluzione adottata con questo discutibile provvedimento ammonti a una cifra pari o addirittura superiore a quella di un normale testamento per atto di notaio…peraltro, coinvolgendo un organo giudiziario, viene a costituire in senso lato un costo per la collettività, laddove non è peraltro necessario.
Tralasciando ulteriori considerazioni nel merito (quali l’ammissibilità, in definitiva, di una forma atipica di testamento di creazione giurisprudenziale!), il decreto in parola mi pare tuttavia interessante nella parte in cui valorizza la manifestazione di volontà attuata a mezzo di strumenti “alternativi” quali, nella specie, il dispositivo oculare.
In questa prospettiva, infatti, mi sembra possibile avanzare l’idea della piena ammissibilità di un’interpretazione “evolutiva” della norma contenuta nell’art. 56 l. not. che, nell’ipotesi “naturale”, dovrebbe essere applicata dal notaio che ricevesse il testamento pubblico del malato di S.L.A., trattandosi di soggetto pienamente capace, ma “di fatto” muto in senso tradizionale. La necessità di ricorrere alla nomina giudiziale di un’interprete, dettata dalla citata norma, grazie al rilievo del dispositivo oculare potrebbe così essere auspicabilmente superata.


  8. Questa mi sembra una soluzione interpretativa molto interessante, e sicuramente meritevole di essere approfondita.
Io, per esempio, nei miei articoli sull’atto notarile informatico ho sostenuto che un soggetto impossibilitato a sottoscrivere nel mondo cartaceo, potrebbe non esserlo invece nel mondo digitale, e quindi tutte le norme previste in caso di impossibilità a sottoscrivere potrebbero anche non trovare applicazione.
Ecco perché, a mio avviso, una soluzione alternativa de iure condendo potrebbe essere quella del testamento privato informatico…
Rimane però fermo che se un soggetto malato di SLA è in grado di comunicare in qualche modo la propria volontà (come nel caso trattato dal decreto varesino), il testamento pubblico – e al limite anche quello segreto! – rimangono strumenti già idonei de iure condito a tutelare qualsiasi esigenza del caso.

  9. Dalle Alpi alle Ande: il Giudice Tutelare di Caltanissetta, decr. 4 marzo 2011, ha invece autorizzato un amministratore di sostegno ad accettare una donazione in nome e per conto del beneficiario: peccato, però, che il donante fosse lo stesso amministratore di sostegno!
    Di fronte ad una così lampante ipotesi di conflitto di interessi, per di più in materia donativa, le soluzioni corrette sarebbero state, a mio avviso, o la nomina di un curatore speciale in rappresentanza del beneficiario (opinione maggioritaria e preferibile) o, per chi ritiene tale figura inammissibile nell’ambito dell’amministrazione di sostegno, la nomina di un secondo amministratore di sostegno in sostituzione del primo (opinione minoritaria).

  10. Ennesimo provvedimento che nel risultato pratico denota un’utilizzazione forse fin troppo libera dell’istituto della amministrazione di sostegno, per non parlare di una certa “incuranza” verso il problema del conflitto d’interesse.
Su questo punto vale però la pena notare che “forse” (non avendo a disposizione il testo del decreto) la “ratio” della decisione potrebbe risiedere in un certo qual modo di intendere l’art. 411, comma 3, c.c., nella parte in cui sembra ammettere liberamente la donazione del beneficiario all’a.d.s. che sia parente entro il 4° grado o suo coniuge o convivente (cfr. BONILINI G, La capacità di testare e di donare del beneficiario dell’amministrazione di sostegno, in Fam. pers. succ., 2005, 1, p. 16). Poiché il beneficiario in tal caso può astrattamente donare (da solo) a questi soggetti, a prescindere dal potenziale o, per ipotesi, concreto conflitto d’interessi, si potrebbe allora giungere – in sostanza per analogia – a ritenere ininfluente il conflitto d’interesse anche nell’ipotesi speculare di donazione fatta dall’a.d.s. al beneficiario.
    Riguardo, invece, al discusso problema della capacità di donare del beneficiario di amministarzione di sostegno, in mancanza di una chiara norma “ad hoc”, certamente la lettera del solo art. 774 c.c. non aiuta…ma a chi scrive sembra almeno che:
1) o si attribuisce portata assorbente, di norma “speciale” (e peraltro posteriore) all’art. 409, comma 1, c.c., e allora il beneficiario è – salvo che per gli atti espressamente indicati – comunque in linea di principio capace di agire a 360° (regola genrale che vale laddove non espressamente derogata) e, pertanto, è capace anche di donare, considerato che l’art. 774 c.c. è stato formulato quando ancora non era nemmeno nella mente del Legislatore l’introduzione dell’a.d.s., e la “ratio” di questa norma (con riferimento alla diversa situazione di minori, inabilitati e interdetti), non pare del tutto compatibile con la funzione del nuovo istituto che vuole pur sempre lasciare ampi margini di autonomia al soggetto beneficiario, salve le ipotesi “tipizzate” nel decreto di nomina (cfr. appunto l’art 409 c.c.);
2) oppure si ritiene assorbente il dettato dell’art. 774 c.c.: in materia di donazioni, il beneficiario non è capace perché, comunque, anche fosse per un solo specifico atto (quello indicato nel decreto di nomina dell’a.d.s.), non puà considerarsi “pienamente” in grado di disporre dei propri beni. Ciò “a fortiori” nei casi in cui il decreto di nomina disponga la rappresentanza esclusiva dell’a.d.s. per gli atti di straordinaria amministrazione in genere (“nulla quaestio”, ovviamente, nel caso in cui il decreto contempli espressamente le donazioni).
Insomma, delle due l’una: la seconda soluzione, tuttavia, mi sembra contrastare palesemente conil sopra citato art. 411, comma 3, c.c. Una seppur minima, o “relativa”, capacità di donare al beneficiario residua comunque e ciò, letto insieme al già citato art. 409, comma 2, c.c., nel silenzio del decreto di nomina dell’a.d.s. potrebbe far propendere per la soluzione più permissiva…
    Ma a parte queste considerazioni estemporanee che in fondo si limitano a ricalcare le due principali tesi in argomento, entrambe degne di considerazione, in definitiva ritengo che di questa questione teorica non debba risentire la prassi: in riferimento all’art. 405 c.c., che fornisce gli “strumenti” adatti, mi pare che solo sulle spalle del giudice debba ricadere il compito di risolvere il problema, così come sul giudice dovrebbe ricadere la responsabilità di precisare accuratamente, con grande attenzione alle circostanze del caso, i limiti entro cui il recente istituto deve trovare applicazione.

  11. Premesso che, personalmente, dubito che il giudice tutelare di Caltanissetta abbia fatto un ragionamento così “singolare”, ché altrimenti avrebbe fatto bene ad esternarlo nel decreto di autorizzazione, io credo che – in generale – il terzo comma dell’art. 411 c.c. non si occupi del problema relativo al conflitto di interessi tra amministratore di sostegno e beneficiario, ma che, piuttosto, si limiti a consentire – nei soli casi ivi contemplati – che l’amministratore di sostegno si renda acquirente del beneficiario, in deroga a quanto stabilito immediatamente prima dal secondo comma dell’art. 411 c.c. (“All’amministratore di sostegno si applicano altresì, in quanto compatibili, le disposizioni degli articoli 596, 599 e 779”), e pure dal primo comma dello stesso art. 411 c.c. nella parte in cui sancisce l’applicabilità dell’art. 378 c.c.
    Con riferimento particolare alla donazione, quindi, la norma risultante dal comb. disp. art. 411, commi 2 e 3, c.c. prevede soltanto che l’amministratore di sostegno non possa rendersi donatario del beneficiario (se e nei limiti in cui quest’ultimo abbia la capacità di donare: vedi supra a commento del Trib. La Spezia, decr. n. 15986/2010), a meno che egli non sia “parente entro il quarto grado, ovvero coniuge o persona … chiamata alla funzione in quanto … stabilmente convivente” con lo stesso beneficiario.
    Nulla di più!
Pertanto, mi sembra inconferente il richiamo dell’art. 411, comma 3, c.c. per risolvere il problema del conflitto di interessi tra amministratore di sostegno e beneficiario – tanto più nel caso inverso in cui l’amministratore di sostegno sia il donante – anche perché se si ammette la capacità di donare del beneficiario:
    - da un lato, questi potrebbe intervenire personalmente in qualità di donante, e dunque non si porrebbe alcun problema di conflitto di interessi con l’amministratore di sostegno;
    - dall’altro lato, se il beneficiario volesse donare tramite procura ex art. 778 c.c., questa, come è noto, è dubbio se si possa concedere alla controparte donataria – qui l’amministratore di sostegno – in ossequio a quel necessario “dualismo di posizioni giuridiche” che, secondo Jannuzzi-Lorefice, contraddistingue il contratto di donazione (in sostanza, non troverebbe applicazione l’art. 1395 c.c. in ambito donativo).
    Rimango quindi convinto che in caso conflitto di interessi tra amministratore di sostegno-donante e beneficiario-donatario, la soluzione corretta sia quella di nominare un curatore speciale (oppure, se si crede, un nuovo amministratore di sostegno in sostituzione di quello attuale, come sopra indicato).

  12. Riporto in “auge” questo post per segnalare il decreto del Giudice Tutelare di Torino, 27 novembre 2015, che ha autorizzato un amministratore di sostegno a stipulare un atto di acquisto di un immobile in nome e per conto del beneficiario mediante intestazione della nuda proprietà allo stesso amministratore di sostegno e riserva di usufrutto vitalizio a favore del beneficiario verso l’assunzione da parte del primo di una prestazione assistenziale (i.e. obbligazione di mantenimento) a favore del secondo.
    Domanda: e il conflitto di interessi tra amministratore di sostegno (parte mantenente) e beneficiario (parte mantenuta)?

  13. Prima il Giudice dei giudici, con Cass. 28 febbraio 2018, n. 12460, e ora il Giudice delle leggi, con C. Cost., 10 maggio 2019, n. 114, hanno finalmente sancito a chiare lettere che il beneficiario di amministrazione di sostegno è pienamente capace di compiere donazioni, ai sensi dell’art. 774 c.c., salvo che nel decreto di nomina dell’amministratore di sostegno non venga espressamente esclusa tale capacità applicando la disciplina prevista in materia di interdizione giudiziale ai sensi dell’art. 411 c.c.
    Si è così fatta “pulizia” di tutta una serie di interpretazioni, come quelle più sopra riportate, di assai dubbia tenuta giuridica.

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