Testamento olografo scritto in STAMPATELLO: quid iuris?

I caratteri dell’olografia. Secondo l’opinione più diffusa, l’olografia del testamento deve possedere i seguenti caratteri fondamentali:
- la personalità, nel senso della sicura provenienza da parte del testatore;
- l’abitualità, nel senso che la grafia deve essere quella usata normalmente dal testatore.

In dottrina. Di conseguenza, l’opinione che sembra prevalere è favorevole alla validità del testamento olografo scritto in stampatello, purché tale forma di scrittura sia usata con frequenza – con abitualità, per l’appunto – dal testatore: in questo senso Cicu, Testamento, Milano, 1955, 36 ss.; Barbero, Sistema istituzionale del diritto privato italiano, Torino, 1965, 1066 ss.; Branca, Testamenti ordinari, nel Comm. Scialoja-Branca, sub art. 601-608, Bologna-Roma, 1986, 77; Triola (a cura di), Il testamento, Milano, 1998, 83; Musolino, Aspetti formali e validità del testamento olografo, in Nuova giur. civ. comm., 2005, II, 50-51; Capozzi, Successioni e donazioni, I, Milano, 2009, 844.
Altra dottrina esclude la nullità del testamento qualora sia comunque possibile ricondurre lo scritto al testatore, sebbene possa risultarne particolarmente arduo l’accertamento: così Allara, Principi di diritto testamentario, Torino, 1957, 81, che scrive: “la comune dottrina ha negato la validità dell’olografo redatto con caratteri a stampatello […] o in genere con una calligrafia che non è quella abituale del testatore. Noi crediamo di opporci […] poiché se è vero che nei casi indicati vi è la difficoltà di accertare l’autenticità della dichiarazione testamentaria è anche vero che la legge si limita a richiedere l’autografia, non anche che la medesima sia facilmente accertabile”, come richiamato in nota da Santarcangelo, La forma del testamento, in Testamento e patti successori, 2006 (dal CD-ROM). Questa tesi si lascia preferire rispetto a quella prevalente perché appare la più rispettosa della littera legis, ove l’art. 602 c.c. prevede soltanto il requisito dell’olografia e non anche quello della sua abitualità, e quindi del principio di tassatività vigente in materia di forma e formalità del negozio giuridico, nonché la più rigorosa nella distinzione concettuale tra piano sostanziale e piano probatorio dell’istituto.
Ritiene sempre nullo, tuttavia, il testamento olografo scritto in stampatello, in quanto la scrittura così artefatta renderebbe più difficoltoso l’accertamento dell’autografia, la dottrina più classica: cfr. Gangi, Successione testamentaria nel vigente diritto italiano, I, Milano, 1952, 131; Azzariti, Successioni per causa di morte e donazioni. Appendice di aggiornamento, Padova, 1977, 383; Giannattasio, Delle successioni (Successioni testamentarie), nel Commentario del codice civile, Torino, 1978, 93; Caramazza, Delle successioni testamentarie, nel Commentario De Martino, Roma, 1982, 123; Tramontano, Lineamenti di diritto civile, Halley, 2006, 184.
Non si rinviene, invece, alcuna posizione dottrinale con riguardo alla mera annullabilità del testamento olografo scritto in stampatello, argomentabile in guisa che l’autografia sussisterebbe, ma sarebbe in certa misura viziata perché non normale.

In giurisprudenza. Le uniche sentenze rinvenibili sul punto sono tutte a favore della validità del testamento olografo redatto in stampatello. In particolare:
- Cass. Roma, 5 febbraio 1904, in Giust. it., 1904, I, 470, sul testamento del paralitico che riesce a scrivere solo in stampatello;
- App. Torino, 19 dicembre 2000, in Giur. it., 2001, 1641, secondo cui “nel testamento olografo redatto in stampatello, il requisito dell’abitualità della scrittura risulta soddisfatto allorquando sia accertato l’utilizzo, da parte del testatore, oltre che del consueto carattere corsivo, anche di quello stampatello (nella specie si è accertato che la testatrice, sebbene solita scrivere in corsivo, usava talvolta il carattere in stampatello)” (questa pronuncia sembra aderire ad una versione “mitigata” della tesi prevalente, e quindi già più condivisibile, giacché non richiede l’abitualità dello stampatello, ma che lo stampatello utilizzato sia quello abituale del testatore);
- Trib. Ferrara, 21 luglio 2003, a condizione, però, che l’uso dello stampatello sia abituale per il testatore (questa pronuncia, quindi, aderisce alla tesi prevalente in dottrina);
- Cass., 23 giugno 2005, n. 13487, in Riv. not., 4, 2006, 1110, la quale ha ad oggetto un caso analogo a quello di specie, ossia relativo ad un testamento olografo redatto in stampatello ad eccezione della sottoscrizione: invero, tale sentenza non si pronuncia espressamente al riguardo, ma giudicando fondato il ragionamento logico seguito dal giudice del gravame, di fatto afferma l’essenzialità dei caratteri della normalità, della abitualità e della individualità dell’autografia, qualunque sia la forma di scrittura – anche lo stampatello, dunque – utilizzata dal testatore;
- Cass., 5 dicembre 2018, n. 31457, in Vita notar., 1, 2019, 191, che invece aderisce alla tesi qui preferita affermando che l’abitualità e la normalità del carattere grafico adoperato dal testatore non rientrano fra i requisiti formali del testamento olografo ai sensi dell’art. 602 c.c., benché essi assumano un pregnante valore probatorio nell’ottica dell’attribuzione della scheda al testatore, con la conseguenza che l’uso dello stampatello non può escludere di per sé l’autenticità della scrittura, pur se rappresenta, ove non sia giustificato dalle condizioni psico-fisiche o da abitudine del dichiarante o da altre contingenze, un elemento significativo del quale tenere conto ai fini della valutazione di tale autenticità.

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