[PARERE PRO VERITATE] Il problema della concessione in ipoteca di un bene di provenienza donativa…secondo Federico Magliulo

Ai sensi di quanto disposto dall’art. 561 c.c., l’ipoteca concessa e validamente iscritta su di un bene immobile di provenienza donativa – cioè che sia stato precedentemente trasferito a titolo di donazione – viene meno ipso iure allorquando l’erede legittimario del donante (cfr. art. 536 c.c.):
1) abbia esperito vittoriosamente l’azione di riduzione contro la donazione in parola (ex comb. disp. artt. 555 e 564 c.c.); e
2) abbia ottenuto la restituzione dell’immobile donato in conseguenza della riduzione.
L’ipoteca precedentemente iscritta, tuttavia, può mantenere la propria efficacia se:
a) ai sensi dell’art. 2652, n. 8, c.c., la domanda di riduzione della donazione sia stata trascritta dopo 10 anni dall’apertura della successione del donante, e sempreché l’atto di concessione d’ipoteca possa qualificarsi come atto a titolo oneroso, per esempio anche sol quando sia contestuale alla costituzione del credito garantito (arg. art. 2901, comma 2, c.c.); ovvero se
b) l’azione di riduzione della donazione sia stata esperita dopo 20 anni dalla trascrizione della donazione.
Ci si chiede, al riguardo, quali soluzioni siano prospettabili affinché il creditore ipotecario del donatario, o dei suoi aventi causa, possa dirsi sufficientemente tutelato dal rischio di perdere la propria garanzia ai sensi del citato art. 561 c.c., e quindi al fine di facilitare l’ottenimento di un finanziamento ipotecario da parte del titolare dell’immobile offerto in garanzia.
Tra le diverse soluzioni proposte, soprattutto in dottrina, si intende analizzare quella riportata e, sembrerebbe, preferita dal dott. Federico Magliulo, notaio in Roma1.
Invero, la soluzione in commento viene citata dallo stesso autore con riferimento all’analogo problema della tutela dell’acquirente di immobile donato (cfr. art. 563 c.c.), nonché circoscritta ai soli casi in cui si sia intervenuto a monte dell’operazione, ossia quando il donante abbia avuto l’accortezza di conservare qualche diritto sull’immobile donato.
Tuttavia, la stessa soluzione si ritiene prospettabile, salvi gli opportuni adattamenti, anche nel caso di cui si discorre.
In breve, si ritiene che nell’ipotesi in cui il donante abbia conservato sull’immobile un diritto limitato quanto alla specie (es. usufrutto) e/o quanto alla quota (es. 5%), il donante e il donatario possano costituire congiuntamente un diritto reale d’ipoteca a favore del finanziatore particolare del donatario, con la contestuale pattuizione a favore di quest’ultimo della garanzia solidale per evizione derivante dalle, eventuali, successive riduzione e restituzione del bene oggetto dell’ipoteca.
In tal caso, infatti, il legittimario del donante/de cuius, che ottenesse la riduzione e la restituzione suddette, si troverebbe a rispondere, quale erede2, dell’obbligo solidale di garanzia assunto a favore del creditore ipotecario; di talché il legittimario sarebbe dissuaso dal far valere le proprie ragioni in sede restitutoria.
Nel caso di specie, dunque, si tratterebbe di creare il presupposto obiettivo per l’operatività di tale soluzione, ossia creare una contitolarità di diritti tra donante e donatario.
L’ipotesi più semplice è quella per cui il donatario venda al donante una (piccola, anche per ragioni fiscali) quota ideale dell’immobile già donatogli; cioè che gli trasferisca a titolo oneroso la piena proprietà, ad esempio, di un 1/20 (5%) dell’immobile in oggetto.
Si creerebbe, così, una comunione tra donante e donatario in forza della quale ciascuno, in ragione della propria quota, ed entrambi, quale centro di interesse unitario, possano concedere ipoteca sul bene comune (es. a favore di una banca finanziatrice), obbligandosi espressamente, però, a garantire il creditore ipotecario dall’eventuale perdita del proprio diritto ai sensi dell’art. 561 c.c..
Come precisa l’Autore, infatti, è necessario pattuire un apposito impegno in tal senso, in quanto la garanzia per l’evizione concernente il bene venduto – rectius: per la perdita del diritto di ipoteca costituito a titolo oneroso sul bene stesso – si ritiene operante solo per cause di evizione preesistenti al perfezionamento del titolo costitutivo (cfr. artt. 1476, n. 3 e 1483 c.c.)3. Invece, nel caso di specie, l’evizione deriverebbe da un fatto – l’esercizio dell’azione di riduzione – che è successivo alla concessione d’ipoteca, e come tale non coperto, secondo l’orientamento citato, da detta garanzia.
Resta necessario, pertanto, ampliare espressamente la garanzia per evizione (ex art. 1487, comma 1, c.c.) a copertura di fatti successivi dalla concessione d’ipoteca, nella specie a garanzia della riduzione e restituzione all’erede legittimario dell’immobile oggetto d’ipoteca.
Tuttavia, taluni Autori4 hanno criticato la tesi sostenuta da Magliulo, in quanto la pattuizione avente ad oggetto l’ampliamento della garanzia rischia di integrare l’ipotesi disciplinata dall’art. 1344 c.c., ossia del contratto nullo perché in frode alla legge5.
A tale obiezione si è replicato sostenendo che la solidarietà derivante dall’assunzione congiunta di un’obbligazione non costituisce un effetto diretto della sua pattuizione, quanto un effetto legale: l’art. 1294 c.c., infatti, prevede la c.d. “presunzione della solidarietà passiva”, cioè si presume che i condebitori – nella specie, gli obbligati a garantire per l’evizione – siano tenuti in solido se dalla legge o dal titolo non risulta diversamente6.
Il problema, però, non riguarda tanto la solidarietà della garanzia assunta nei confronti del creditore ipotecario, quanto l’assunzione stessa della garanzia “ampliata”: in altri termini, sarebbe l’ampliamento della garanzia per evizione, e non direttamente la sua assunzione in modo solidale, a rischiare la violazione obliqua degli artt. 458 e 549 c.c..
Inoltre, laddove la solidarietà passiva operi certamente ex lege tra donante e donatario, più dubbia appare la solidarietà anche tra gli eredi del de cuius/donante, ivi compresi i legittimari che divengano tali per effetto del vittorioso esito dell’azione di riduzione.
Nulla quaestio se si ritiene che l’obbligo di garantire il creditore ipotecario dall’evizione di cui all’art. 561 c.c. sia indivisibile (cfr. art. 1317 c.c.), poiché tale indivisibilità opererebbe anche nei confronti degli eredi per effetto dell’art. 1318 c.c.. Laddove, invece, essa si ritenga divisibile, ciascun erede risponderebbe limitatamente alla propria quota ereditaria, per effetto del principio generale di cui al comb. disp. artt. 754 e 1295 c.c.7. In quest’ultimo caso, allora, sarebbe necessaria una pattuizione espressa che preveda l’indivisibilità della garanzia (ex art. 1316 c.c.), donde il dubbio della frode alla legge si farebbe ancora più fondato.
A ragione, quindi, lo stesso Magliulo riconosce che, quand’anche la soluzione proposta si reputi plausibile, nessuna di quelle prospettate dalla dottrina può dirsi inattaccabile della solidità dell’acquisto.

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1Magliulo, L’acquisto dal donatario tra rischi ed esigenze di tutela, in Notariato, 1, 2002, 93 (testo on demandn.d.r.).
2Così Mengoni, Successioni per causa di morte, parte speciale, successione necessaria, nel Trattato Cicu-Messineo, XLIII, 2, Milano, 1992, 238; Capozzi, Successioni e donazioni, Milano, 1983, 280. Peraltro secondo Ieva, Retroattività reale dell’azione di riduzione e tutela dell’avente causa dal donatario tra presente e futuro, in Riv. notar., 1998, 1135, anche se il legittimario non fosse considerato erede, il risultato non cambierebbe, poiché la legittima andrebbe calcolata sul netto patrimoniale del de cuius, vale a dire sulla differenza tra attività e passività, e tra queste ultime non potrebbe non considerarsi quella relativa all’adempimento dell’obbligazione di garanzia.
3In questo senso la giurisprudenza decisamente prevalente: Cass., 24 novembre 1966, n. 2797, in Giust. civ., 1967, I, 1702; Cass., 4 dicembre 1967, n. 2867, in Giur. it., 1968, I, 1, 818; Cass., 18 maggio 1971, n. 1494 ed anche Cass., 17 marzo 1994, n. 2541. In senso opposto, invece, Cass., 16 maggio 1981, n. 3249 e Bianca, La vendita e la permuta, nel Trattato Vassalli, VII, 1, Torino, 1993, 840, secondo il quale il venditore risponde anche per cause di evizione successive purché legate da un nesso causale con la violazione dell’impegno traslativo del venditore e, nel caso di acquisto dal donatario soggetto a riduzione, l’evizione deve ritenersi consumata quando il compratore subisce la condanna alla restituzione del bene ex art. 563 c.c. (p. 850).
4Ieva, op. cit., 1137.
5Più precisamente, le norme “frodate” sarebbero quella contenuta nell’art. 549 c.c., sull’intangibilità della legittima da parte del de cuius, poiché l’esercizio delle azioni di riduzione e restitutoria diverrebbe, come detto, sostanzialmente improduttivo per il legittimario leso; e quella di cui all’art. 458 c.c., sul divieto dei patti successori istitutivi, in quanto da detta pattuizione deriverebbe una garanzia operante in favore del creditore ipotecario in conseguenza della morte del donante (Caccavale – Tassinari, Il divieto dei patti successori tra diritto positivo e prospettive di riforma, in Riv. dir. priv., 1997, 90).
6Magliulo, Gli atti di disposizione sui beni indivisi, in Riv. notar., 1995, 140.
7Sul problema della divisibilità della garanzia per evizione a carico dei successori del venditore v. Rubino, La compravendita, nel Trattato Cicu-Messineo, XXIII, Milano, 1971, 732; Bianca, op. cit., 752.

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  1. Sulla questione in oggetto, proprio con riferimento ad un’altra soluzione proposta dalla dottrina anch’essa tacciata di possibile contrarietà all’art. 1344 c.c., si segnala la “primina” Trib. Mantova, 24 febbraio 2011, in Obbl. e contr., 6, 2011, 463 ss., secondo cui “la fideiussione concessa dal donante a favore dei creditori del donatario è nulla per illiceità della causa allorquando si evinca dalle circostanze del caso che questa costituisce il mezzo per eludere il principio di intangibilità della legittima, inducendo il legittimario a rinunciare all’esperimento dell’azione di riduzione”.
    Personalmente, saluto con favore l’adozione di un simile provvedimento giudiziario, giacché in questo modo è possibile che la soluzione di stipulare un contratto di scioglimento per mutuo dissenso della donazione – che a mio avviso è la migliore, oltre ad essere la più utilizzata nella prassi – conosca sempre più sostenitori, sia in dottrina che in giurisprudenza.

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