Il requisito della forma scritta “informatica” dopo il D.Lgs. n. 235/2010

Dopo il D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 110 in materia di atto pubblico informatico ricevuto dal notaio, è la volta del D.Lgs. 30 dicembre 2010, n. 235 a metter penna sulla disciplina irrequieta del documento informatico, in attuazione della delega contenuta nell’art. 33 Legge 18 giugno 2009, n. 69; e lo fa in modo assai incisivo sub verbis per quanto attiene al requisito della forma scritta di tipo digitale.
Fino al 25 gennaio 2011 (data di entrata in vigore del suddetto D.Lgs. n. 235/2010), la situazione era la seguente:
- l’art. 20, comma 2, D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82 (recante il codice dell’amministrazione digitale – c.a.d.) stabiliva che “Il documento informatico sottoscritto con firma elettronica qualificata o con firma digitale, formato nel rispetto delle regole tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 71, che garantiscano l’identificabilità dell’autore, l’integrità e l’immodificabilità del documento … soddisfa comunque il requisito della forma scritta, anche nei casi previsti, sotto pena di nullità, dall’articolo 1350, primo comma, numeri da 1 a 12 del codice civile”.
- contemporaneamente, però, il comma 1-bis dello stesso art. 20 c.a.d. ammetteva che “l’idoneità del documento informatico a soddisfare il requisito della forma scritta è liberamente valutabile in giudizio, tenuto conto delle sue caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità ed immodificabilità, fermo restando quanto disposto dal comma 2”, succitato.
A tale combinato disposto potevano essere date due interpretazioni diverse:
1) la più letterale ma eversiva, secondo cui – fermo restando che l’utilizzo di una firma elettronica qualificata avrebbe soddisfatto sempre e comunque il requisito della forma scritta del documento informatico, pure nei casi previsti a pena di nullità dai numeri da 1 a 12 (non anche il 13!) dell’art. 1350 c.c. – nel caso concreto il giudice avrebbe potuto riconoscere la medesima forma scritta anche nel documento informatico munito di una firma elettronica semplice o perfino sprovvisto di alcuna firma informatica;
2) la più coerente e sistematica rispetto ai principi generali, per la quale la forma scritta a cui alludeva il comma 1-bis dell’art. 20 c.a.d. non era quella del documento scritto e sottoscritto prevista dal diritto comune (c.d. forma scritta “dichiarativa”), ma soltanto la forma scritta per cui la legge non richiede necessariamente il requisito della sottoscrizione autografa, e quindi nei casi di documenti non “negoziali” (es. i registri contabili domestici dell’art. 2707 c.c., le annotazioni documentali di cui all’art. 2708 c.c., o ancora – più diffusamente – i documenti puramente informativi, per i quali si discorre di forma scritta ad informationem). La forma scritta dichiarativa, quindi, sarebbe stata rispettata dal documento informatico solo se munito di firma elettronica qualificata (ecco il significato più utile dell’inciso “fermo restando quanto disposto dal comma 2” contenuto nel comma 1-bis), e per ogni ipotesi in cui la legge avesse previsto un documento scritto di tipo “negoziale”, ivi compresa l’ipotesi in bianco di cui al numero 13 dell’art. 1350 c.c.
Nel mio L’atto pubblico notarile in forma digitale. Attualità e prospettive normative nell’ordinamento giuridico italiano, in Dir. inf., 4-5, 2009, 793 ss., spec. 801 ss., già optavo per quest’ultima lettura del combinato disposto dei commi 1-bis e 2 dell’art. 20 c.a.d. (condivisa da C. Sandei, L’atto pubblico elettronico, in Nuove leggi civ. comm., 2, 2011, 473, nt. 43), anche sulla base della ingiustificata disparità di trattamento sul piano probatorio che, altrimenti, si avrebbe avuta tra il documento informatico munito di firma elettronica qualificata (efficacia probatoria della scrittura privata presuntivamente riconosciuta, ex art. 21, comma 2, c.a.d.) e il documento informatico munito di firma elettronica semplice (efficacia probatoria liberamente valutabile dal giudice, ex art. 21, comma 1, c.a.d.) ovvero privo di qualsivoglia firma elettronica (efficacia probatoria di una riproduzione meccanica, ex art. 2712 c.c.) se il giudice avesse pur riconosciuto al documento informatico sprovvisto di firma elettronica qualificata l’idoneità a soddisfare il requisito della forma scritta “dichiarativa”.

Ora, però, con l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 235/2010, sono state modificate le disposizioni che disciplinano la forma scritta “informatica” nel seguente modo:
- il secondo comma dell’art. 20 c.a.d. è stato abrogato, e al suo posto è stato introdotto il nuovo comma 2-bis dell’art. 21 c.a.d., secondo cui “salvo quanto previsto dall’articolo 25, le scritture private di cui all’articolo 1350, primo comma, numeri da l a 12, del Codice civile, se fatte con documento informatico, sono sottoscritte, a pena di nullità, con firma elettronica qualificata o con firma digitale”, ed è stato modificato il secondo comma dello stesso art. 21 c.a.d., a mente del quale il documento informatico ha l’efficacia probatoria di una scrittura privata presuntivamente riconosciuta quando è sottoscritto non solo con una firma elettronica qualificata o digitale, ma anche con una “firma elettronica avanzata (secondo la definizione reintrodotta dalla lettera q-bis) dell’art. 1 c.a.d.);
- il comma 1-bis dell’art. 20 c.a.d. è stato così modificato: “L’idoneità del documento informatico a soddisfare il requisito della forma scritta e il suo valore probatorio sono liberamente valutabili in giudizio, tenuto conto delle sue caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità ed immodificabilità, fermo restando quanto disposto dall’articolo 21” c.a.d.
A tale proposito, può innanzitutto constatarsi che il riferimento codicistico alla forma scritta “dichiarativa” è stato limitato alle scritture private e alle scritture private autenticate (salvo quanto previsto dall’articolo 25 c.a.d., ossia in materia di firma informatica autenticata), ma ciò è presto spiegato perché già il D.Lgs. n. 110/2010 disciplina in modo dedicato l’atto pubblico informatico. Inoltre, considerato che l’efficacia probatoria della scrittura privata semplice è stata riconosciuta anche al documento informatico sottoscritto con una mera firma elettronica avanzata, oggi non può più dirsi necessario l’utilizzo di una firma elettronica qualificata perché si integri la forma scritta “dichiarativa”, se non per le ipotesi espressamente (e direi anche tassativamente) elencate nello stesso comma 2-bis dell’art. 21 c.a.d. (i.e. art. 1350 c.c., numeri da 1 a 12); ma, al contrario, il requisito minimo sicuro perché si possa discorrere di forma scritta “dichiarativa” di tipo digitale – e quindi di documento scritto e sottoscritto digitalmente – è che il documento informatico sia munito di una firma elettronica avanzata (cfr. il numero 13 dell’art. 1350 c.c., oppure gli artt. 1219, 1454, 1742, 1888, 1967, del codice civile, e così via…).

E per quanto riguarda, invece, il documento informatico non munito (almeno) di una firma elettronica avanzata?
Rispetto alla precedente littera legis, il nuovo comma 1-bis dell’art. 20 c.a.d. è stato arricchito della previsione riguardante l’efficacia probatoria del documento informatico riconosciuto idoneo dal giudice a soddisfare il requisito della forma scritta: ciò, probabilmente, perché il Legislatore si è accorto della distonia tra tale giudizio di idoneità e l’efficacia probatoria sempre ferma a quella di una riproduzione meccanica ovvero liberamente valutabile in giudizio (vedi supra).
A mio avviso, quindi, tale modifica vuole significare che la libera valutazione del giudice in ordine ad un documento informatico non sottoscritto con una firma informatica “forte” deve riguardare inscindibilmente sia la sua idoneità a soddisfare il requisito della forma scritta sia, conseguentemente, la sua efficacia probatoria, di modo che se la verifica di idoneità ha esito positivo il valore probatorio da riconoscere deve essere parametrato a tale esito, e quindi potrebbe essere – in teoria – anche quello previsto in generale per la forma scritta informatica di cui al secondo comma dell’art. 21 c.a.d. (scrittura privata presuntivamente riconosciuta).
Tale correttivo, però, se ha finalmente attribuito una logica minima al comma 1-bis dell’art. 20 c.a.d., rende adesso più difficoltosa la distinzione tra forma scritta “dichiarativa” e forma scritta “non dichiarativa” nel mondo del documento informatico.
Cioè, se prima della riforma era possibile con più agio limitare il significato della forma scritta di cui al comma 1-bis dell’art. 20 c.a.d. a quella corrispondente al documento scritto ma non sottoscritto, poiché emergeva con evidenza una difficoltà di disciplina sul piano della sua efficacia probatoria, oggi che tale difficoltà è stata risolta dal Legislatore del 2010 non sembra più così irragionevole concludere che la forma scritta a cui allude il suddetto comma 1-bis dell’art. 20 c.a.d. sia anche quella “dichiarativa”, caratterizzante il documento scritto e sottoscritto di tipo tradizionale cartaceo.
Certo, il D.Lgs. n. 235/2010 non ha per nulla modificato il terzo comma dell’art. 21 c.a.d., secondo cui “l’apposizione ad un documento informatico di una firma digitale o di un altro tipo di firma elettronica qualificata basata su un certificato elettronico revocato, scaduto o sospeso equivale a mancata sottoscrizione”: a mio avviso, però, tale disposizione non può più essere utilizzata in modo decisivo per limitare la funzione di forma scritta “dichiarativa” al documento digitale sottoscritto con una firma informatica forte (prima, invece, anche sì: vedi il mio L’atto pubblico notarile in forma digitale …, op. cit., 803), in quanto anche la firma elettronica avanzata oggi equivale generalmente alla sottoscrizione autografa pur non essendo basata per forza su un certificato elettronico (vedi dell’art. 1, lett. q-bis), c.a.d.).
Così come la maggiore utilità precettiva dell’inciso “fermo restando quanto disposto dall’articolo 21” contenuto nel comma 1-bis dell’art. 20 c.a.d., se venisse interpretato come limitativo della forma scritta “dichiarativa” ai soli documenti informatici sottoscritti con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale, non mi pare da sola sufficiente a reggere la distinzione tra forma scritta “dichiarativa” e forma scritta “non dichiarativa”.
A meno che tale rinvio (diverso anche nella sostanza da quello contenuto nel precedente testo), siccome è operato a tutto l’art. 21 c.a.d., rubricato ex novo «Documento informatico sottoscritto con firma elettronica.», non venga inteso come limitativo del campo di applicabilità del comma 1-bis dell’art. 20 c.a.d. ai soli documenti digitali privi di firma informatica, perché quelli validati con una firma elettronica semplice sarebbero soggetti esclusivamente alla disciplina del primo comma dell’art. 21 c.a.d., il quale – combinatamente ai commi 2 e 2-bis dello stesso art. 21 c.a.d. – pare negare la funzione di forma scritta “dichiarativa” al documento sottoscritto con firma elettronica semplice.
Tuttavia, il dubbio rimane ancora pungente se si pensa alla modifica apportata all’art. 25 c.a.d., secondo la quale adesso è possibile autenticare qualsiasi firma informatica, debole o forte che sia, ivi compresa “l’acquisizione digitale della sottoscrizione autografa”, quasi a dimostrare, cioè, che la sottoscrizione nel mondo digitale può essere sostituita anche da una firma elettronica semplice.
In conclusione, allo stato attuale delle mie riflessioni, non mi sento di esprimere un giudizio definitivo sull’argomento, limitandomi a segnalare un dubbio che – a mio avviso – oggi ha una rinnovata ragion d’essere, e che solo auspicabilmente risolvo ora nel senso di estraneare la forma scritta “dichiarativa” dal campo di applicabilità del comma 1-bis dell’art. 20 c.a.d.
Invero, l’unica conclusione a cui posso giungere con relativa certezza è che – siccome la forma scritta “dichiarativa” necessiterebbe comunque di una qualche forma di appropriazione dello scritto – nel mondo digitale sarebbe quantomeno necessario l’utilizzo di una firma elettronica per la validazione del documento informatico, ritenendo pertanto che la forma scritta di cui al comma 1-bis dell’art. 20 c.a.d. non possa essere mai riferita al documento scritto e sottoscritto (quindi NO forma scritta “dichiarativa”) qualora il documento informatico non sia munito per nulla di una firma informatica.

3 comments to “Il requisito della forma scritta “informatica” dopo il D.Lgs. n. 235/2010”
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  1. Non precisa di quale “tipo” di forma scritta si tratti, ma G. Finocchiaro, Ancora novità legislative in materia di documento informatico: le recenti modifiche al Codice dell’amministrazione digitale, in Contr. e impr., 2, 2011, 501, scrive testualmente che “come nel Codice previgente, manca la disciplina dell’idoneità a integrare il requisito della forma scritta del documento informatico con firma elettronica. A questa fattispecie si applicherà, dunque, l’art. 20, comma 1° bis”.
    Per altro verso, A. Gentili, Negoziare on line dopo la riforma del codice dell’amministrazione digitale, in Corr. merito, 4, 2011, 354, ritiene pragmaticamente che il documento informatico sottoscritto con firma elettronica semplice non riuscirà mai, in concreto, a valere come documento scritto, giacché le caratteristiche oggettive di “qualità, sicurezza, integrità ed immodificabilità” che dovrebbe all’uopo possedere integrerebbero sempre la species della firma elettronica avanzata.

  2. Nel suo stile invogliante, G. Navone, La disciplina del documento informatico dopo il D. Lgs. 30 dicembre 2010, n. 235, in Nuove leggi civ. comm., 2, 2012, 298 ss., ritiene invece senza indugi che – giusta l’inciso “fermo restando quanto disposto dall’articolo 21” – il comma 1-bis dell’art. 20 c.a.d. si riferisca esclusivamente al documento digitale privo di firma informatica, e che (di conseguenza) la forma scritta ivi contemplata riguardi soltanto il documento scritto ma non sottoscritto: come esempi significativi l’Autore propone gli scritti forniti a scopo informativo al turista, ex art. 37, comma 1, del Codice del turismo (allegato al D.Lgs. 23 maggio 2011, n. 79), e quelli forniti dal datore di lavoro ex art. 1 D.Lgs. 26 maggio 1997, n. 152.

  3. All’indomani delle modifiche ed integrazioni al c.a.d. operate dal D.Lgs. 26 agosto 2016, n. 179, come modificato dal D.Lgs. n. 217/2017, il Legislatore ha finalmente fatto un po’ più di chiarezza sul problema della forma scritta “informatica”, propendendo per la soluzione qui avallata da sempre. Infatti:
    - sono stati abrogati il primo comma dell’art. 20 c.a.d. e i primi due commi dell’art. 21 c.a.d., ed è stato modificato il comma 2-bis del medesimo art. 21 c.a.d. nel senso che “salvo il caso di sottoscrizione autenticata, le scritture private di cui all’articolo 1350, primo comma, numeri da 1 a 12, del codice civile, se fatte con documento informatico, sono sottoscritte, a pena di nullità, con firma elettronica qualificata o con firma digitale. Gli atti di cui all’articolo 1350, numero 13), del codice civile redatti su documento informatico o formati attraverso procedimenti informatici sono sottoscritti, a pena di nullità, con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale ovvero sono formati con le ulteriori modalità di cui all’articolo 20, comma 1-bis, primo periodo”;
    - tale primo periodo (su tre complessivi) dell’art. 20, comma 1-bis, c.a.d., come coordinatamente riformulato, stabilisce che “il documento informatico soddisfa il requisito della forma scritta e ha l’efficacia prevista dall’articolo 2702 del Codice civile quando vi è apposta una firma digitale, altro tipo di firma elettronica qualificata o una firma elettronica avanzata o, comunque, è formato, previa identificazione informatica del suo autore, attraverso un processo avente i requisiti fissati dall’AgID ai sensi dell’articolo 71 con modalità tali da garantire la sicurezza, integrità e immodificabilità del documento e, in maniera manifesta e inequivoca, la sua riconducibilità all’autore”. Gli ultimi due periodi, invece, recitano che “in tutti gli altri casi, l’idoneità del documento informatico a soddisfare il requisito della forma scritta e il suo valore probatorio sono liberamente valutabili in giudizio, in relazione alle caratteristiche di sicurezza, integrità e immodificabilità. La data e l’ora di formazione del documento informatico sono opponibili ai terzi se apposte in conformità alle Linee guida”.
    Appare quindi incontrovertibile che, al di là dei casi in cui interviene l’attività certificatrice del notaio o di altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato (intervento considerato, evidentemente, garanzia sufficiente a tal fine), la forma scritta “dichiarativa” non può dirsi soddisfatta, allo stato, dall’utilizzo di una firma elettronica semplice, né tanto meno dall’assenza di qualsivoglia firma elettronica, dal momento che la “identificazione informatica” (ossia – si ricorda – il risultato dell’apposizione di una firma elettronica semplice) costituisce testualmente soltanto un prerequisito di idoneità del documento informatico ad integrare la forma scritta e l’efficacia probatoria di cui all’art. 2702 c.c., e quindi, per definizione, un elemento necessario (escludendosi, così, i documenti informatici non sottoscritti) ma non sufficiente (escludendosi, dunque, anche i documenti informatici sottoscritti solo con firma elettronica semplice).
    Allo stato, allora, è giuridicamente certo che – ad esempio – una semplice email non possa integrare il requisito della forma scritta “dichiarativa”, a prescindere dalla tesi che si voglia seguire sulla sua natura giuridica (documento informatico munito di firma elettronica semplice ovvero documento informatico privo di firma elettronica).
    Di conseguenza, il potere del giudice di valutare liberamente l’idoneità del documento informatico a soddisfare il requisito della forma scritta e il suo valore probatorio ai sensi del comma 1-bis dell’art. 20 c.a.d. è limitato soltanto agli “altri casi“, appunto, diversi dalla forma scritta “dichiarativa”, e cioè sol quando la legge richiede il documento scritto ma non sottoscritto.

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