[CASS., SS.UU., NN. 9523/2010] L’integrazione del contraddittorio verso il coniuge acquirente ex lege sana la decadenza del diritto di riscatto esercitato in via giudiziale

Con la sentenza a SS.UU., 22 aprile 2010, n. 9523, il S.C. torna ad occuparsi del diritto di riscatto previsto dalla normativa locatizia – art. 39 legge 27 luglio 1978, n. 392 – ed in particolare sulla sorte dell’esercizio di tale diritto in sede giudiziale qualora il riscatto sia stato compiuto contro il coniuge che abbia acquistato il bene separatamente in regime di comunione legale con l’altro coniuge, ex art. 177, lett. a), c.c.
In proposito, viene ribadito che il diritto di riscatto in parola può essere esercitato sia con atto giuridico sostanziale, sia direttamente per via giudiziale; che lo stesso diritto deve essere esercitato nei confronti di tutti gli acquirenti comproprietari del bene, compreso dunque il coniuge di chi lo abbia acquistato in regime di comunione legale ai sensi dell’art. 177, lett. a), c.c.; e che, di conseguenza, entrambi i coniugi – sia chi risulta essere stato la sola parte acquirente, sia l’altro coniuge acquirente ex lege – sono litisconsorti necessari nella relativa controversia, a pena di nullità della domanda giudiziaria.
Le sez. un., però, arrivano a comporre un rilevato contrasto giurisprudenziale in ordine alla possibilità per l’attore/riscattante di integrare con efficacia sanante il contraddittorio nei confronti dell’altro coniuge, pretermesso, quando il termine di decadenza previsto per l’esercizio del riscatto (sei mesi dalla trascrizione dell’atto con cui si è violato il diritto di prelazione, ex art. 39, comma 1, legge n. 392/1978), risulti già scaduto, semprechè – è chiaro – la scadenza di tale termine sia avvenuta dopo la proposizione della domanda giudiziaria, con cui è stato esercitato, seppur irregolarmente, il diritto di riscatto per via giudiziale.
E’ stato quindi accolto l’orientamento di carattere processualistico (cfr. Cass. n. 19963/2005) secondo cui il tempestivo esercizio del diritto di riscatto contro uno soltanto dei litisconsorti necessari vale ad impedire la decadenza – almeno laddove l’esercizio del diritto de quo sia avvenuto, appunto, per via giudiziale – anche nei confronti degli altri litisconsorti necessari rimasti pretermessi (per il contrario orientamento, di carattere sostanziale, vedi Cass. n. 7271/2008).
Un principio, peraltro, che le sez. un. non hanno perso occasione di sancire in termini più generali: “in ipotesi di litisconsorzio necessario, l’integrazione del contraddittorio prevista dall’art. 102 c.p.c., comma 2, ha effetti di ordine sia processuale che sostanziale, nel senso che essa interviene a sanare l’atto introduttivo viziato da nullità per la mancata chiamata in giudizio di tutte le parti necessarie ed è altresì idonea ad interrompere la prescrizione e ad impedire la decadenza anche nei confronti delle parti necessarie originariamente pretermesse“.

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  1. Si discosta dalle SS.UU. in commento, aderendo così all’orientamento sostanzialistico, Cass., 16 maggio 2014, n. 10846 (testo on demand), secondo cui l’integrazione del contraddittorio nel giudizio intrapreso tempestivamente entro sei mesi dalla trascrizione del contratto nei confronti del solo coniuge acquirente, non è idoneo ad impedire la decadenza dal diritto di riscatto se sia già decorso il suddetto termine di sei mesi nei confronti dell’altro coniuge.

  2. Conforme alle SS.UU., invece, è la più recente Cass., 20 luglio 2016, n. 14827, secondo cui l’esercizio del diritto di riscatto (nella specie quello agrario ex art. 8, comma 5, Legge n. 590/1965) mediante notifica dell’atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado, mantiene i suoi effetti sostanziali anche in caso di nullità dell’atto notificato per vizi di carattere processuale.

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