(CASS., SS.UU., N. 61/2014) Le Sez. Unite chiariscono i dubbi sulla prosecuzione del processo esecutivo con intervento di altri creditori titolati e caducazione del titolo esecutivo originario

La sentenza Cass. civ., SS.UU., 7 gennaio 2014, n. 61 si rivela di particolare importanza per chiarire i dubbi sul problema relativo a quali effetti produca la caducazione del titolo esecutivo in capo al creditore procedente, sul processo esecutivo in presenza di pignoramenti riuniti e di interventi titolati.

La decisione in oggetto riguarda il caso di una procedura esecutiva iniziata da un creditore procedente sulla base di un titolo esecutivo giudiziale (nella specie un decreto ingiuntivo); il pignoramento aveva colpito un determinato bene immobile. Successivamente, un altro creditore, anch’esso con titolo esecutivo, aveva agito per il pignoramento sullo stesso bene: tale secondo pignoramento era stato unito al primo.

Insorta la questione della validità del titolo esecutivo sulla base del quale aveva agito inizialmente il primo creditore, il debitore aveva chiesto, con l’opposizione all’esecuzione, la cessazione della procedura per rilevata caducazione del titolo esecutivo medesimo, a nulla rilevando la presenza di un altro creditore con titolo esecutivo valido.

Il problema in oggetto giunge alla terza Sezione, la quale pronunzia ordinanza di rimessione degli atti al Primo Presidente, per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, individuando il contrasto evidenziato in apertura del presente lavoro.

Il contrasto sul punto consiste in due diversi orientamenti, di derivazione dottrinale e giurisprudenziale, che possono così essere succintamente riassunti:

a)    Secondo una prima tesi, viene richiamata l’alternativa che i creditori con titolo esecutivo hanno nel poter scegliere l’intervento nel processo esecutivo già instaurato per iniziativa di un altro creditore (anch’egli, ovviamente, titolato), oppure nell’agire con un autonomo pignoramento sui medesimi beni; richiamando il principio di autonomia dei singoli pignoramenti (sancito dall’art. 493 c.p.c.), i rischi per il creditore titolato “successivo”, che si sia giovato degli effetti del processo esecutivo già avviato (c.d. “effetto di prenotazione” del primo pignoramento: art. 2913 c.c.), sono quelli che caducazione di quest’ultimo comporta il travolgimento anche dei successivi interventi, titolati o meno, se non integrati da pignoramenti successivi;

Tale teoria viene sostenuta da una recente pronuncia, sempre di legittimità (Cass. civ., Sez. III, Sent. 13-02-2009, n. 3531), con la quale viene altresì precisato che quantunque la soluzione di consentire la prosecuzione dell’azione in capo agli interventori (successivi) titolati risponda ad esigenze di celerità ed economicità nella definizione del giudizio, garantendo, altresì, le azioni individuali in capo a questi ultimi, si rileva un contrasto con il basilare principio di cui all’art. 493 c.p.c., in ordine all’autonomia dei singoli pignoramenti: ogni pignoramento, infatti, ha “corso” autonomo anche se unito ad altri successivi). Tutto ciò porta la giurisprudenza che aderisce a questa prima tesi a concludere nel senso che “il pignoramento iniziale del creditore procedente, se non “integrato” da pignoramenti successivi, travolge ogni intervento, titolato o meno, nell’ipotesi di sua successiva caducazione”. Il punto poc’anzi sottolineato – come si vedrà in prosieguo – non è privo di conseguenze per il caso analizzato dalle Sezioni Unite. Merita anche di essere rilevato (sempre ad avviso della Cass. n. 3531/2009) che manca un obbligo od onere di comunicazione dell’intervento all’indirizzo del debitore esecutato il quale, esperita vittoriosamente l’azione volta alla caducazione del creditore procedente, potrebbe comunque subire pregiudizio dall’azione esecutiva dell’interventore, se si ammettesse la prosecuzione dell’azione esecutiva a favore di quest’ultimo, a prescindere dall’avvenuta inefficacia del titolo esecutivo originario.

b)   Altra tesi sostiene invece l’insensibilità del processo esecutivo individuale, al quale partecipino più creditori concorrenti, alle vicende del titolo utilizzato dal procedente (anche in mancanza di pignoramento successivo o ulteriore poi riunito) purché sussista la permanente efficacia del titolo di almeno uno di essi.

Entrambi gli orientamenti sono richiamati nella sentenza qui in commento, la quale, peraltro, sottolinea doverosamente come i precedenti, ritenuti conformi dalla Cass. n. 3531/2009 (cfr. in part. Cass. civ., Sez. III, 28 maggio 1999, n. 5192 e Cass. civ., Sez. lavoro, 19 gennaio 2005, n. 985), attenessero, più nello specifico, a casi nei quali si era dibattuto meramente delle sole conseguenze, sul processo esecutivo, della revoca del decreto ingiuntivo, senza che si fosse in alcun modo posto il problema – come nel caso delle SS. UU. – delle complicazioni indotte dall’intervento nell’esecuzione di altri creditori muniti di titolo. Su questa sorta di “equivoco interpretativo” si sviluppa – a nostro avviso apprezzabilmente – gran parte del percorso argomentativo su cui si basa la sentenza in commento.

In realtà, si precisa, il vero precedente in cui vi era stato un contrasto di giudicati in seno al medesimo Organo, come correttamente individuato dalle Sezioni Unite, è dato dalla Cass. n. 427/1978, che risulta così massimata: “Nel processo di esecuzione forzata, al quale partecipano più creditori concorrenti, le vicende relative al titolo invocato da uno dei creditori (sospensione, sopravvenuta inefficacia, estinzione) non possono ostacolare la prosecuzione dell’esecuzione sull’impulso del creditore il cui titolo abbia pacificamente conservato la sua forza esecutiva”. La sentenza in oggetto risulta fondata, inoltre, su una differenziazione di interventi in ragione del momento temporale dato dal fatto che l’azione si sia interrotta prima o dopo l’intervenuto del (successivo) creditore titolato: solo nel primo caso, infatti, l’azione è “improseguibile”.

Le Sezioni Unite mettono in evidenza il contrasto tra le citate sentenze n. 3531/2009 e n. 427/1978: se infatti la prima valorizza il principio desumibile dall’art. 493 c.p.c., in modo tale da far determinare le sorti di ogni intervento a quello del pignoramento originario al quale esso è collegato, la seconda “configura il processo l’esecuzione per espropriazione forzata come un processo a struttura soggettiva aperta”, in cui, accanto ai due “protagonisti necessari” dati dal creditore procedente e dal debitore, possono entrare ulteriormente altri creditori del debitore esecutato con proprio intervento.

Il tratto fondamentale individuabile nella sentenza n. 427/1978 è dato dalla considerazione della pariteticità tra creditore procedente ed altri creditori intervenuti (seppure, ovviamente, sulla base di un titolo esecutivo). In tal senso, se un qualsiasi creditore titolato è da considerarsi in grado di dare impulso al processo esecutivo, ne discende che il processo debba comunque proseguire in favore dei creditori intervenuti: benchè, si ribadisce, l’intervento di questi ultimi si sia realizzato in momento precedente all’arresto della precedente azione.

Sulla base di quanto sin qui precisato, le SS. UU. ricavano il convincimento secondo cui la ricostruzione della sentenza n. 427/1978 sia preferibile a quella di cui alla n. 3531/2009: pertanto aderiscono alla tesi sub b) innanzi indicata.

Oltre al principio della pariteticità tra creditori titolati, va considerato quello espresso dal brocardo “nulla executio sine titulo”. A quest’ultimo proposito, lungi dal contraddire tale regola, la Cassazione ne trae, semmai, un’interpretazione estensiva, nonché congeniale alla soluzione prescelta. Infatti, è pur vero che un valido titolo debba esistere al fine della procedura esecutiva: ma ciò si esprime anche con la considerazione secondo cui è sufficiente che, nel corso della procedura, sopravviva almeno un titolo “che giustifichi la perdurante efficacia dell’originario pignoramento”.

In aggiunta, viene individuato nella norma dell’art 629 c.p.c. un analogo principio a quello seguito dalla Corte: ai sensi di tale disposizione, infatti, il processo si estingue qualora il creditore pignorante e quelli muniti di titolo esecutivo intervenuti rinunciano agli atti. Se accade che soltanto il creditore pignorante rinunci alla prosecuzione, ben possono gli altri creditori decidere di continuare l’esecuzione per la rispettiva soddisfazione. In sostanza, quindi, anche nel caso dell’art. 629 c.p.c. si verifica una situazione analoga in cui l’esecuzione sia stata iniziata da un creditore e sia proseguita con altri, risolvendosi in un fenomeno successorio interno al processo esecutivo che, conseguentemente, ne presuppone la sua prosecuzione.

Neanche il principio posto alla base del già richiamato art. 493 c.p.c. può costituire ostacolo alle conclusioni delle Sezioni Unite. Tale principio di autonomia dei singoli pignoramenti, infatti, è da considerarsi pacifico e rende insensibili le vicende del pignoramento effettuato dal creditore procedente ad altro pignoramento sullo stesso bene da parte di un creditore titolato.

La permanenza della procedura esecutiva nei confronti dei creditori titolati, in esito alla caducazione del titolo originario del procedente, pare potersi configurare aderente anche alle disposizioni dell’art. 2913 c.c., norma che, come noto, configura la procedura esecutiva come un “vincolo a porta aperta”, in forza del quale i creditori intervenuti con titolo si giovano degli effetti di un pignoramento iniziato dal procedente. La norma, tuttavia, non si premura di precisare se gli effetti di cui si giovano i creditori intervenuti con titolo debbano necessariamente dipendere dall’efficacia e dalla validità proprio del titolo originario o, per ipotesi, possano essere dipendenti da un altro titolo valido ed efficace.

In forza di tutto ciò, se anche il creditore procedente non potrà più proseguire la sua azione, ciò non comporta affatto che i creditori successivamente intervenuti non possano giovarsi degli atti fino ad allora validamente compiuti. Di tal che, se viene travolto il potere del creditore procedente di andare avanti con l’esecuzione, ciò non determina la validità degli atti compiuti e, soprattutto, di quello iniziale consistente nel pignoramento.

 

In forza delle superiori argomentazioni, le Sezioni Unite enunciano il seguente principio:

Nel processo di esecuzione forzata, al quale partecipino più creditori concorrenti, le vicende relative al titolo esecutivo del creditore procedente (sospensione, sopravvenuta inefficacia, caducazione, estinzione) non possono ostacolare la prosecuzione dell’esecuzione sull’impulso del creditore intervenuto il cui titolo abbia conservato la sua forza esecutiva.

 

Tuttavia, sempre ad avviso della Corte, occorre distinguere, così come precisa la citata sentenza n. 427/1978, a seconda che l’azione esecutiva si sia arrestata prima ovvero dopo l’intervento: solo nel primo caso, infatti, il processo esecutivo sarà comunque improseguibile.

Inoltre, solo se il difetto del titolo posto a fondamento del processo esecutivo sia originario si determina una situazione in cui l’esecuzione non possa essere continuata dagli interventori titolati, posto invece che il difetto sopravvenuto consente in favore di questi ultimi l’estensione di tutti gli atti compiuti finché il titolo originario aveva conservato validità.

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