[CASS., SEZ. LAVORO, N. 17898/2007] Le assenze a lavoro per malattia, anche per un solo giorno, devono essere documentate

Secondo la Corte di Cassazione, il lavoratore che si assenta dal posto di lavoro adducendo motivi di salute è tenuto a presentare, se richiesto dal proprio datore, il relativo certificato medico, anche se l’assenza riguarda un solo giorno di lavoro.
Con sentenza n. 17898 del 22 agosto 2007 la Corte di Cassazione ha deciso che le assenze a lavoro devono sempre essere documentate, da apposito certificato medico, anche se relative ad un solo giorno, non bastando a tal fine la mera comunicazione da parte dell’interessato. In caso contrario, infatti, il datore di lavoro può legittimamente trattenere dalla paga giornaliera il corrispettivo spettante al lavoratore che non riesca a provare la malattia, in quanto si configurerebbe l’ipotesi disciplinata in generale dall’art. 1460 c.c.: non si può parlare, quindi, di provvedimento disciplinare emanato dal datore di lavoro. In questo modo la S.C. conferma un orientamento già consolidato nella giurisprudenza di merito.

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  1. Il recente d.l. 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, non si è occupato direttamente della questione; pur tuttavia, dalla lettura del comma 2 dell’art. 71, si ha come l’impressione che il legislatore – almeno con riferimento ai rapporti di lavoro con le pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, d.lg. n. 165/2001 – abbia imboccato una strada parzialmente diversa rispetto a quella battuta dalla giurisprudenza.
    Secondo la norma citata, infatti, “nell’ipotesi di assenza per malattia protratta per un periodo superiore a dieci giorni, e, in ogni caso, dopo il secondo evento di malattia nell’anno solare l’assenza viene giustificata esclusivamente mediante presentazione di certificazione medica rilasciata da struttura sanitaria pubblica“.
    A contrario, cioè, sembra che quando le prime assenze per malattia (i. e. il primo evento di malattia nell’arco di un unico anno solare) siano inferiori a 10 giorni, le stesse possano essere giustificate anche con mezzi diversi dalla certificazione medica. Cosicché nel caso di assenza a lavoro di un solo giorno la p.a. non potrebbe legittimamente trattenere dalla paga giornaliera il corrispettivo spettante al dipendente ché non ha prodotto un certificato medico; salvo quanto previsto dal comma 1 dello stesso art. 71, secondo cui “per i periodi di assenza per malattia, di qualunque durata,…nei primi dieci giorni di assenza è corrisposto il trattamento economico fondamentale con esclusione di ogni indennità o emolumento, comunque denominati, aventi carattere fisso e continuativo, nonché di ogni altro trattamento accessorio” (al centro di vive discussioni presso l’opinione pubblica, la norma in questione è ben spiegata in Trovati, Assenteismo: maxi-tagli in busta paga nei primi 10 giorni di malattia, dal sito http://www.ilsole24ore.it).
    Infatti, ai sensi del successivo comma 3, è potere-dovere dell’Amministrazione/datrice di lavoro solamente disporre un “controllo in ordine alla sussistenza della malattia del dipendente anche nel caso di assenza di un solo giorno…“.
    Pertanto, a seguito dei controlli di cui al comma 3, concorrentemente alla prova eventualmente fornita dal dipendente anche diversa dalla certificazione medica, la p.a. può decurtare dalla paga giornaliera solo quanto sancito dal comma 1; se, invece, il periodo di malattia è superiore ai 10 giorni (o, come visto, in ogni caso dopo il secondo evento di malattia nell’anno solare) la p.a. deve garantire il pagamento dello stipendio pieno ma il dipendente è costretto a produrre il richiesto certificato medico.

    Di seguito il testo integrale dell’art. 71 d.l. n. 112/2008 (in corsivo le modifiche apportate in sede di conversione – n.d.r.).
    “Assenze per malattia e per permesso retribuito dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni”.
    1. Per i periodi di assenza per malattia, di qualunque durata, ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nei primi dieci giorni di assenza è corrisposto il trattamento economico fondamentale con esclusione di ogni indennità o emolumento, comunque denominati, aventi carattere fisso e continuativo, nonché di ogni altro trattamento accessorio. Resta fermo il trattamento più favorevole eventualmente previsto dai contratti collettivi o dalle specifiche normative di settore per le assenze per malattia dovute ad infortunio sul lavoro o a causa di servizio, oppure a ricovero ospedaliero o a day hospital, nonché per le assenze relative a patologie gravi che richiedano terapie salvavita. I risparmi derivanti dall’applicazione del presente comma costituiscono economie di bilancio per le amministrazioni dello Stato e concorrono per gli enti diversi dalle amministrazioni statali al miglioramento dei saldi di bilancio. Tali somme non possono essere utilizzate per incrementare i fondi per la contrattazione integrativa.
    1-bis. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano al comparto sicurezza e difesa per le malattie conseguenti a lesioni riportate in attività operative ed addestrative.
    2. Nell’ipotesi di assenza per malattia protratta per un periodo superiore a dieci giorni, e, in ogni caso, dopo il secondo evento di malattia nell’anno solare l’assenza viene giustificata esclusivamente mediante presentazione di certificazione medica rilasciata da struttura sanitaria pubblica.
    3. L’Amministrazione dispone il controllo in ordine alla sussistenza della malattia del dipendente anche nel caso di assenza di un solo giorno, tenuto conto delle esigenze funzionali e organizzative. Le fasce orarie di reperibilità del lavoratore, entro le quali devono essere effettuate le visite mediche di controllo, sono dalle ore 8.00 alle ore 13.00 e dalle ore 14 alle ore 20.00 di tutti i giorni, compresi i non lavorativi e i festivi.
    4. La contrattazione collettiva ovvero le specifiche normative di settore, fermi restando i limiti massimi delle assenze per permesso retribuito previsti dalla normativa vigente, definiscono i termini e le modalità di fruizione delle stesse, con l’obbligo di stabilire una quantificazione esclusivamente ad ore delle tipologie di permesso retribuito, per le quali la legge, i regolamenti, i contratti collettivi o gli accordi sindacali prevedano una fruizione alternativa in ore o in giorni. Nel caso di fruizione dell’intera giornata lavorativa, l’incidenza dell’assenza sul monte ore a disposizione del dipendente, per ciascuna tipologia, viene computata con riferimento all’orario di lavoro che il medesimo avrebbe dovuto osservare nella giornata di assenza.
    5. Le assenze dal servizio dei dipendenti di cui al comma 1 non sono equiparate alla presenza in servizio ai fini della distribuzione delle somme dei fondi per la contrattazione integrativa. Fanno eccezione le assenze per congedo di maternità, compresa l’interdizione anticipata dal lavoro, e per congedo di paternità, le assenze dovute alla fruizione di permessi per lutto, per citazione a testimoniare e per l’espletamento delle funzioni di giudice popolare, nonché le assenze previste dall’articolo 4, comma 1, della legge 8 marzo 2000, n. 53, e per i soli dipendenti portatori di handicap grave, i permessi di cui all’articolo 33, comma 6, della legge 5 febbraio 1992, n. 104.
    6. Le disposizioni del presente articolo costituiscono norme non derogabili dai contratti o accordi collettivi.

  2. Copio e incollo da http://www.studiocataldi.it

    Secondo quanto rende noto il Codacons, il Tar del Lazio, avrebbe respinto il ricorso, depositato dal Comitato Co.F. O. (acronimo di Comitato Fannulloni Operosi) contro il decreto brunetta, per l’illegittimità dello stesso che, secondo il giudizio dell’associazione, sarebbe lesivo del diritto alla salute dei lavoratori e del diritto al ristoro economico per chi subisce una lesione invalidante per causa di servizio. L’articolo incriminato è il famoso art.71 (Assenze per malattia e per permesso retribuito dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni): “Nell’ipotesi di assenza per malattia protratta per un periodo superiore a dieci giorni, – si legge dal testo dell’articolo – e, in ogni caso, dopo il secondo evento di malattia nell’anno solare l’assenza viene giustificata esclusivamente mediante presentazione di certificazione medica rilasciata da struttura sanitaria pubblica”, e nel terzo comma si legge che “l’Amministrazione dispone il controllo in ordine alla sussistenza della malattia del dipendente anche nel caso di assenza di un solo giorno, tenuto conto delle esigenze funzionali e organizzative. Le fasce orarie di reperibilità del lavoratore, entro le quali devono essere effettuate le visite mediche di controllo, e’ dalle ore 8.00 alle ore 13.00 e dalle ore 14 alle ore 20.00 di tutti i giorni, compresi i non lavorativi e i festivi”. Il Tar, chiamato a esprimersi sui presupposti di legittimità dell’atto della funzione Pubblica, ha ritenuto infondati i motivi del ricorso per l’annullamento del cd. decreto anti-fannulloni. “La circostanza che la trattenuta opera soltanto per i primi dieci giorni e su voci non fondamentali del trattamento economico fa ragione sulla manifesta non fondatezza dei rilievi di costituzionalità sollevati con riguardo all’art. 27, primo comma della Cost. affatto non potendo derivare al lavoratore – dalla decurtazione di emolumenti aggiuntivi e/o accessori – alcun serio e credibile pregiudizio ai suoi mezzi di sussistenza” (…) Quanto alla disparità di trattamento con i lavoratori privati, il Collegio osserva che anche per costoro, in situazioni simili, opera immediatamente una cesura della retribuzione economica a carico del datore di lavoro tant’è che scatta, in sostituzione, una indennità (e non una retribuzione) a carico del fondo INPS; si può dire, anzi, che l’art. 71 in commento ha tentato, in parte qua, un’operazione di avvicinamento alla disciplina del lavoro privato; (…) mal si comprende come la norma violerebbe gli artt. 3, 32 e 117 della Cost. sotto il profilo della irrazionalità e della disparità di trattamento che si determinerebbe per non essere stata prevista la possibilità per il lavoratore di assentarsi con giustificato motivo”. A fronte della Sentenza del Tar, il Presidente dell’associazione annuncia quindi ricorso al Consiglio di Stato, “nella speranza che in tale sede si vedano riconosciuti i diritti dei dipendenti pubblici”.

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