[CASS. N. 3/2012] Sulla sospensione per pregiudizialità nel procedimento sommario di cognizione.

Con la ordinanza  in commento [Cass. civ., sez. VI,2gennaio2012,n.3,in Ilcivilista,2012, 2, 17], la Cassazione è intervenuta sul tema della configurabilità del potere del giudice, adito mediante le forme del procedimento sommario di cognizione (artt. 702 bis ss. c.p.c.), di sospendere il giudizio in ragione dell’art. 295 c.p.c. (quando è pendente altro processo il cui oggetto si pone in una relazione di pregiudizialità tecnica rispetto a quello del giudizio sommario di cognizione, delineandosi qui una fattispecie di sospensione necessaria) ovvero ex art. 337, comma 2, c.p.c. (quando l’autorità di una sentenza impugnata è invocata nel giudizio sommario ex artt. 702 bise ss. c.p.c., venendo qui in rilievo un’ipotesi di sospensione discrezionale).

Con tale decisione la Suprema Corte ha stabilito che il giudice del processo sommario di cognizione non può sospendere il giudizio pendente dinanzi a sé, né in caso di sospensione necessaria, né in ipotesi di sospensione discrezionale, contrastando la logica di tali fattispecie di arresto del processo con la ratio sottesa all’istituzione del nuovo procedimento di cui agli artt. 702 bis e ss. c.p.c.

In particolare, per il giudice della legittimità, allorché dinanzi al tribunale in composizione monocratica, adito secondo il rito sommario di cognizione, venga sollevata una questione pregiudiziale oggetto di un separato giudizio o di una sentenza impugnata, non può avere luogo alcuna ipotesi di sospensione del processo poiché, da un lato l’arresto del giudizio contrasta necessariamente con l’intento acceleratorio che è alla base dell’introduzione del procedimento sommario di cognizione; dall’altro lato la decisione sulla sospensione del processo deve essere preceduta da una cognizione del giudice nel contraddittorio delle parti sulla base di un’istruttoria non sommaria, sicché risulta doveroso per il giudice della causa dipendente disporre la conversione al rito ordinario. L’eventuale adozione del provvedimento sospensivo da parte del giudice del sommario sarebbe per ciò solo illegittima.

In dottrina [TRISORIO LIUZZI G., Ilprocedimentosommariodicognizioneelasospensioneperpregiudizialità,in IlGiusto proc. civ.,2012, 157 e ss.], si è rilevato che, alla luce di tale arresto della Suprema Corte, è possibile ricavare per così dire indirettamente la soluzione al problema interpretativo aperto dal comma 4 dell’art. 702quater, secondo il quale quandolacausarelativaalladomandariconvenzionalerichiedeun’istruzionenonsommaria,ilgiudicenedisponelaseparazione.

La disposizione citata può essere considerata un’eccezione a quanto si ricava dalla norma generale di cui all’art. 40 c.p.c. in materia di connessione e del relativo favorcodicistico per la realizzazione del simultaneusprocessus, inteso come elemento di valore, nell’ottica della coerenza delle decisioni e dell’economia processuale.

Con la riforma del 2009 (L. 18 giungo 2009, n. 69) il legislatore, istituendo il giudizio sommario di cognizione come sede processuale accelerata alternativa al rito ordinario, e introducendo una norma come quella di cui all’art. 702 quater, comma 4, ha invece dato segno di voler far cedere il passo al principio del cumulo a favore di quello della separazione [in questo senso cfr., tra gli altri, LUISO F.P., Dirittoprocessualecivile,Milano, 2011, IV, 119]. In tale ottica può essere letta anche la norma ex art. 702 ter, comma 2, secondo la quale, quando la domanda riconvenzionale introduce una causa che deve essere decisa dal collegio, il giudice monocratico la dichiara inammissibile.

Senonché la logica della separazione rischia di creare problemi nei casi in cui tra l’oggetto della domanda riconvenzionale (da decidersi necessariamente mediante un’istruzione non sommaria oppure dinanzi al collegio) e quello della domanda principale (idonea ad essere definita in sede sommaria) intercorra una connessione forte, in particolare di pregiudizialità-dipendenza. La dottrina assolutamente maggioritaria si era già espressa nel senso che, in tale ipotesi, la soluzione da seguire fosse quella del cumulo, dovendo il magistrato giudicante convertire il giudizio sommario sulla domanda principale in un processo a rito ordinario  [LUISO F.P., Diritto processuale civile,cit.,119].

Nell’arresto oggetto di commento la Cassazione dà (indiretta) conferma della correttezza dell’orientamento sostenuto dalla prevalente dottrina.

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