[CASS. N. 12241/2016] Sul limite temporale ai poteri dell’esecutore testamentario

La sentenza Cass., 14 giugno 2016, n. 12241 (testo on demand) ha affrontato una questione di grande rilevanza pratica, anche per il suo riscontro concreto non infrequente, relativa alla sorte dell’esecutore testamentario allo scadere del termine di cui all’art. 703, comma 3, c.c. (“Il possesso [da parte dell'esecutore testamentario avente poteri di amministrazione] non può durare più di un anno dalla dichiarazione di accettazione, salvo che l’autorità giudiziaria, per motivi di evidente necessità, sentiti gli eredi, ne prolunghi la durata, che non potrà mai superare un altro anno”).
Secondo la giurisprudenza di merito, ormai risalente, alla scadenza del termine previsto l’esecutore testamentario cessa immediatamente e automaticamente dall’ufficio, essendo il possesso un elemento funzionale ai poteri di amministrazione e dovendosi presumere il mantenimento di tali poteri l’unico motivo fondante la scelta del testatore di nominare un siffatto esecutore testamentario.
Secondo parte della dottrina (Capozzi, Santarcangelo), la scadenza del termine non fa cessare la carica, ma fa venire meno i poteri di amministrazione, essendo il possesso strettamente funzionale a tali poteri, e dunque fa “degradare” l’ufficio a mero esecutore testamentario di controllo.
Secondo altra parte della dottrina (Caramazza) e la giurisprudenza di legittimità, anch’essa risalente e alla quale la pronuncia in commento aderisce, lo scadere del termine determina – più testualmente – soltanto la perdita del possesso dei beni ereditari, ma non anche il diritto-dovere di amministrazione da parte dell’esecutore testamentario, il quale – dunque – mantiene i suoi poteri gestori e perdura nel suo ufficio fino ad esaurimento dell’incarico (o suo esonero ex art. 710 c.c.) salva volontà contraria del testatore.

Lascia un Commento