[CASS. N. 11059/09] Risarcimento dei danni ex delicto: il danno ambientale

La Terza Sezione Civile della Cassazione (Cass., sez. III, 13 maggio 2009, n. 11059) ha rigettato il ricorso della società convenuta nel 1995 dalle persone residenti nei pressi dell’impianto produttivo di Seveso, per il risarcimento dei danni conseguenti all’esplosione che, nel 1976, comportò il prodursi di un’ampia nube di diossina nella zona.
Il disastro di Seveso rappresenta uno dei primi casi giudiziari italiani in tema di danno ambientale ed è giunto alla conclusione, in sede penale, nel 1986, con la sentenza della Cassazione (Cass. pen., 23 maggio 1986) che ha confermato la condanna in secondo grado di alcuni degli imputati per il disastro colposo di cui all’art. 449 c.p..
In sede civile, i danneggiati hanno promosso l’azione di risarcimento nei confronti della società, civilmente responsabile per i condannati. Sia in primo che in secondo grado, i giudici territoriali hanno riconosciuto agli attori il risarcimento del danno morale conseguente al disastro ambientale. La Cassazione, ritenendo infondati i motivi della società ricorrente, ha confermato la condanna. La motivazione si sofferma, in particolare, su tre punti.
Innanzitutto, ha chiarito che la prova del danno morale può essere fornita anche per presunzioni e, in questo caso, “la prova per inferenza induttiva non postula che il fatto ignoto da dimostrare sia l’unico riflesso possibile di un fatto noto, essendo sufficiente la rilevante probabilità del determinarsi dell’uno in dipendenza del verificarsi dell’altro secondo criteri di regolarità causale”.
In secondo luogo, a fronte della censura per la quale i giudici di merito avrebbero confuso il danno con la lesione dell’interesse, la Suprema Corte ha richiamato il contenuto della fattispecie penale dell’art. 449 c.p., e, quindi, il “delitto colposo di pericolo presunto a carattere plurioffensivo, in quanto incidente sia sul bene pubblico immateriale ed unitario dell’ambiente che sulla sfera individuale dei singoli soggetti che si trovano in concreta relazione con i luoghi interessati dall’evento dannoso”. Da questa premessa, ha precisato che, nel caso di specie “l’interesse leso è quello rafforzato, e niente affatto adespota, proprio dei soggetti che si siano trovati, come tutti gli attori, in particolare relazione con l’ambiente inquinato da sostanze altamente tossiche. Da tale relazione è derivato il patema d’animo e la preoccupazione che la corte ha correttamente ritenuto costituire danno non patrimoniale risarcibile in quanto derivante da reato”.
Un altro importante motivo di ricorso ha riguardato la qualificazione del danno come “morale”, invece che “esistenziale”. Nel rispondere sul punto, la Cassazione ha ripreso il recentissimo precedente in materia, costituito da Cass., SS.UU., 11 novembre 2008, n. 25972. Così, ha ribadito che il danno esistenziale non è un’autonoma categoria di danno e quando il fatto illecito si configura come reato il danno risarcibile è costituito dalla lesione di un interesse inerente alla persona non connotato da rilevanza economica. Riguardo al danno morale, è escluso il carattere necessariamente transeunte, dal momento che la sofferenza può protrarsi anche per lungo tempo, cosicché, nell’ambito della categoria generale del danno non patrimoniale, esso descrive la sofferenza soggettiva cagionata dal reato in sé considerata e non un’autonoma sottocategoria. Infine, “è compito del giudice accertare l’effettiva consistenza del pregiudizio allegato, a prescindere dal nome attribuitogli, individuando quali ripercussioni negative sul valore uomo si siano verificate”. Alla luce di questi rilievi, è stato considerato correttamente risarcibile il danno non patrimoniale consistito nel patema d’animo, indotto dalla preoccupazione per il proprio stato di salute provata dai residenti della zona, costretti, in conseguenza dell’incidente, a numerosi controlli sanitari per un lungo periodo di tempo.

Per un recente contributo sulla ricostruzione penalistica del disastro ambientale v. Martini R., Il disastro ambientale tra diritto giurisprudenziale e principi di garanzia, LP, 3, 2008, 339 ss..

Lascia un Commento