[CONS. STATO N. 4140/2016] E’ nulla la clausola di prelazione a favore di soci privati contenuta nello statuto di una società mista.

Confermando il giudizio di prime cure, Cons. Stato, 28 settembre 2016, n. 4140 (testo on demand) ha affermato che le clausole di prelazione in favore (anche) del socio privato contenute nello statuto di una società a partecipazione mista (pubblica e privata) sono affette da nullità assoluta e rilevabile d’ufficio dal giudice, in quanto l’alienazione di quote sociali da parte di pubbliche amministrazioni deve essere effettuata necessariamente mediante procedure ad evidenza pubblica.
Ciò, intanto perché esistono disposizioni di legge da cui tale regola si ricava testualmente (v. il comma 568-bis dell’art. 1 della Legge n. 147/2013) o anche solo interpretativamente (cfr. l’art. 1, comma 2, del vecchio codice dei contratti pubblici, oggi corrispondente all’art. 5, comma 9, del D.Lgs. n. 50/2016); e poi perché la regola dell’evidenza pubblica “risponde a un principio di ordine pubblico economico (anche di matrice eurounitaria) presiedendo al rispetto degli altrettanto generali principi di concorrenza, parità di trattamento e di non discriminazione fra i potenziali concorrenti”.

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  1. Ferma la bontà di tale principio di diritto, deve tuttavia constatarsi che il 23 settembre scorso è entrato in vigore il D.Lgs. 19 agosto 2016, n. 175, contenente il “Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica”, al cui comma 2 dell’art. 10 si legge: “L’alienazione delle partecipazioni è effettuata nel rispetto dei principi di pubblicità, trasparenza e non discriminazione. In casi eccezionali, a seguito di deliberazione motivata dell’organo competente ai sensi del comma 1, che dà analiticamente atto della convenienza economica dell’operazione, con particolare riferimento alla congruità del prezzo di vendita, l’alienazione può essere effettuata mediante negoziazione diretta con un singolo acquirente. È fatto salvo il diritto di prelazione dei soci eventualmente previsto dalla legge o dallo statuto”.
    Ebbene, come si concilia l’ultimo inciso di tale comma 2 con il principio di diritto affermato dalla pronuncia in commento?
    A mio avviso, la risposta sta nella interpretazione non isolata di tale terzo inciso (la quale, in effetti, da un punto di vista sintattico potrebbe anche sostenersi), ma di leggerlo sistematicamente con il secondo inciso, che disciplina i casi eccezionali in cui la quota sociale può essere alienata mediante negoziazione diretta, e lasciando impregiudicata la regola del primo inciso, che conferma la necessità in generale di utilizzare procedure ad evidenza pubblica.
    In altri termini, il diritto di prelazione di soci privati eventualmente previsto dallo statuto di una società mista deve intendersi salvo solo e soltanto qualora, in casi eccezionali, sia consentito alienare quote sociali di titolarità pubblica mediante negoziazione diretta.
    Come se, in buona sostanza, all’ultimo inciso del citato art. 10, comma 2, D.Lgs. n. 175/2016 sia anteposta l’espressione “In tal caso”, ossia – appunto – nel solo caso in cui sia ammesso, in via eccezionale, alienare quote sociali pubbliche mediante negoziazione diretta.

  2. Sul tema del diritto di prelazione nelle società a partecipazione pubblica, è importante segnalare la recente massima n. 68/2018 del Consiglio Notarile di Firenze, secondo cui “Negli statuti di società a partecipazione pubblica è legittima la previsione di una clausola di prelazione che preveda che, in caso trasferimento di partecipazioni mediante procedure ad evidenza pubblica, il diritto di prelazione possa essere esercitato al prezzo della proposta di aggiudicazione e che l’aggiudicazione verrà effettuata all’esito dell’esercizio del diritto di prelazione o dell’inutile decorso del termine per il relativo esercizio.”.
    Tale soluzione ha il pregiato merito di ampliare il significato precettivo dell’ultimo inciso dell’art. 10, comma 2, D.Lgs. n. 175/2016, facendo salvo il diritto di prelazione non solo nei casi eccezionali di negoziazione diretta, come sopra ricordato (e ribadito pacificamente anche dalla massima in commento), ma anche nei casi in cui il suo esercizio risulti compatibile con l’esperimento di procedure ad evidenza pubblica, e lo fa, peraltro, ponendosi in linea con le conclusioni cui la giurisprudenza più recente, espressa nelle massime sedi a partire da Cass., SS.UU., 27 luglio 2004, n. 14083, perviene con riguardo alla possibile compatibilità tra prelazione e vendita forzata, che sussisterebbe proprio a seguito della consacrazione della proposta di aggiudicazione.

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